A margine del mio Cameo “Da privato cittadino dichiaro guerra alle felpe californiane” da una cittadina del centro nord ricevo questa mail di SM.
“Caro Ruggeri, da buon informatico e appassionato di tecnologia da un trentennio, come risposta ai tanti problemi della vita quotidiana, legati alla salute, all’economia personale, allo studio… rispondevo sempre così: “la tecnologia ci salverà”. Sognavo un mondo dove l’energia sarebbe costata quasi nulla, dove l’accesso alle informazioni, quelle vere, sarebbe stato alla portata di tutti e i traduttori universali istantanei ci avrebbero permesso di comunicare con altre nazioni, mentre vivere la propria vecchiaia, al limite anche in uno stato di demenza senile, come nel caso di mia mamma, non sarebbe stato più un problema grazie agli androidi basati su I.A. (intelligenza artificiale, ndr). Poi ci sarebbero stati i benefici delle nanotecnologie (Richard Feynman) o la possibilità di costruirsi una casa senza alcuna difficoltà o, per esempio, risolvere i problemi di siccità nelle zone desertiche.
In quel periodo, quando qualcuno dava una lettura diversa dalla mia o leggevo i suoi Camei (lo faccio da una decina d’anni, prima su Italia Oggi ora su Verità) ) sugli “Over the Top”, come io chiamavo le “sue” felpe californiane, la prima reazione istintiva che provavo era: “Ma questo Ruggeri cosa va dicendo?” Da qualche tempo osservo la realtà diversamente: sono un ex borghese che, come dice lei, si sta rapidamente impoverendo (i miei dipendenti guadagnano più di me) e faccio una fatica pazzesca a sostenere le spese di famiglia (lavora anche mia moglie) tra mutui, istruzione, salute, tecnologia, energia, etc. (quello che lei chiama “stile di vita fasullo”). Inoltre, quasi un terzo della mia attività lavorativa è speso per la gestione burocratica della mia vita sociale: contabilità familiare, banca, auto, dichiarazione redditi, cartelle pazze, sanità, raccolta differenziata, etc. Sì. Sono dei veri e propri lavori perché servono competenze e tempo per poterli eseguire. In altre parole la “tecnologia delle Big Five” ci ha demandato così tanti lavoretti da farci perdere un sacco di tempo. La tecnologia doveva smaltire la burocrazia e invece questa è aumentata, siamo al limite delle sopportazione.
In sintesi, i sogni di allora sono rientrati, paghiamo di più l’energia, il tempo libero è utilizzato per micro lavori che un tempo non si facevano, spendiamo un sacco di soldi in smartphone e abbonamenti per comunicare perlopiù fesserie e leggere le fake news di costoro, subire orrende pubblicità internettiane, generare montagne di spam. Subiamo persino le notizie dall’app di Google News: è Lui che decide cosa farci leggere, a meno di investire tempo per andare a cercare le giuste informazioni con tutti i pericoli che ne derivano, oppure “loggarsi” con il proprio account, permettendo così alle Big Five di sapere cosa ci piace leggere. Ci stanno riducendo a servi della gleba. Che fare?”
Caro SM, Ivan Illich 36 anni fa chiamava “lavoro ombra” qualsiasi attività con la quale i cittadini consumatori (noi) dovevano trasformare una merce appena acquistata in un bene utilizzabile, e farlo “senza venir retribuito” (le virgolette sono le sue). Concludeva “I vostri nipoti non avranno il pieno impiego, avranno sempre meno lavori retribuiti, solo lavori ombra”. Lei, essendo uno del mestiere, e stante il suo alto livello scolastico, sa cosa deve fare per non ridursi a un servo della gleba. Fare nel suo piccolo la “Marcia del Sale” di gandhiana memoria, marciando fino al mare per raccogliere non un pugno di sale (monopolio dell’Impero inglese) ma i “suoi dati personali” (oggi monopolio delle felpe californiane, monopolio da abbattere con qualsiasi mezzo).