Su Twitter è nata una iniziativa di alto profilo politico culturale che ha l’obiettivo di “Accogliere e rilanciare il parlare più di #giovani, #lavoro, #industria, #futuro”, per un 2018 all’insegna dell’ottimismo”. Qualcuno dei promotori dell’iniziativa mi ha messo fra i suprematisti colti (c’è persino il cardinale Ravasi!), osservo il dibattito che ne è nato, dando il mio modesto contributo a questa curiosa iniziativa. Vivendo all’estero il mio contributo per un 2018 all’insegna dell’ottimismo, non può prescindere da un’ottica internazionale dei problemi e delle tendenze.
Per esempio, una lettura ottimista dell’Europa non può non sottolineare come le preoccupazioni attinenti alla crisi dell’Europa di un anno fa stiano rientrando. Gli accordi per la Brexit procedono senza intoppi, Theresa May ha accettato di pagare le penali d’uscita, rivelandosi una leader puntuta ma determinata a seguire la volontà popolare. Le preoccupazioni sulla governabilità dei singoli paesi dopo elezioni, che hanno visto parziali ma importanti successi di partiti a sgradevole tasso populista, pare gestibile. La Germania è senza governo dall’estate e si prevede lo avrà solo in primavera, ma il “pilota automatico” dei trattati non fa sentire la mancanza di Merkel e di Schulz, si vivrebbe bene senza di loro. Detto fra noi questa secca sberla elettorale a Angela Merkel non può che fare bene, ridimensiona la sua soffusa arroganza. D’altra parte era già avvenuto in Belgio, Olanda, Spagna, e nulla era successo. A proposito della Spagna, le nuove elezioni in Catalogna hanno dimostrato come il voto popolare può attutire, e mettere in stallo, una crisi costituzionale che appariva drammatica perché artificiale. Sarà sufficiente dare alla Catalogna l’ampia autonomia che le spetta (come i Paesi Baschi) e nessuno parlerà più di secessione.
Prendiamo l’America di Donald Trump. Un anno fa pensavamo chissà quali sfracelli avrebbe prodotto, eravamo terrorizzati dalla rottura di legami che duravano da 70 anni, osservavamo questo grosso individuo, un misto fra un palazzinaro romano e un cartone animato, così lontano dalla femminilità colta di Hillary Clinton e dalla struggente fragilità politica di Barack Obama, certi che l’ostilità e lo scetticismo con i quali l’avevamo accolto si sarebbero verificati. Invece no. Trump sta cominciando a raccogliere successi. Ha disinnescato la guerra nucleare in Asia, ridicolizzando Kim come “uomo razzo”, costringendo Cina e Russia a votare con lui le sanzioni alla Corea del Nord. Certo, il mercantilismo del suo programma economico, che tende a sostituire parte delle importazioni, e a far rientrare i capitali, si scontrerà con il conseguente apprezzamento del dollaro. I paesi “perbene”, come la Svizzera esultano, quelli “permale”, come molti europei no (un problema loro).
In nome di un ottimismo responsabile leggiamoci il documento “National Secutity Strategy”, 56 pagine pregne, 4 pilastri, 1 strategia. E’ cosa farà Trump. Per l’Europa è finita, non può più vivere da cuscuta dell’America come ha fatto finora. Per esempio, il problema geopolitico del Medio Oriente è nostro, ed è russo, non più dell’America (ha raggiunto l’indipendenza energetica grazie a shale oil & gas). Convinciamoci che l’America non intende più fare guerre per conto di altri, ha scelto di armarsi fino ai denti perché della Cina non si fida (bene fa). Rimarrà il più grande mercante d’armi del mondo, e da mercante farà politica.
Infine i Bitcoin. Se vogliamo essere ottimisti dimentichiamo i Bitcoin come moneta, lasciamo alla speculazione più idiota l’eterna illusione di arricchirsi sul nulla, andiamo al nocciolo del problema. Il problema dei problemi informatici il “concetto di rete decentrata che può raggiungere il consenso senza alcuna autorità di controllo centrale” si pensava non potesse mai essere risolto. Chi lo elaborò lo chiamò “Il problema dei Generali Bizantini”. Invece fu risolto nel 2008 grazie alla tecnologia Blockchain. A questo punto un immenso lavoro spetterà agli Stati, e sarà un lavoro di legislazione e di ingegneria sociale, come regolamentare e sfruttare in modo equo e sostenibile, questa tecnologia mettendo al centro sempre l’uomo e mai più il consumatore. Vaste programme.