E’ ferragosto, sul tema immigrazione, quello sul quale si giocheranno le elezioni 2018, si impone una sintesi. Come ovvio, comincio da me, usando la tecnica di pensiero e di scrittura che mi è più congeniale, quella secca del “Report” in uso nel business e nel management.
- Per anni il pensiero dominante delle classi dominanti sentenziava che era in corso una migrazione epocale di uno, dieci, cento milioni di africani (nel retro pensiero delle élite c’era la vergogna-coda di paglia delle azioni criminali dei loro nonni imperialisti; per esempio il Belgio non esisterebbe senza i ladrocini perpetrati nell’Otto-Novecento in Congo). Angela Merkel, stufa di quella immigrazione selvaggia attraverso il canale balcanico, l’ha fatto chiudere in una notte dal suo compare, il Califfo Erdogan. Un paio di settimane e la migrazione epocale cessò: la conferma che era solo uno slogan degli intellò. Come ovvio il flusso migratorio si concentrò verso l’Italia, ultimo corridoio libero.
- I governi Letta-Renzi, figli dei loro (cattivi) maestri catto comunisti, credo per insipienza ma in buona fede, hanno ipotizzato che al centro dello scenario strategico ci fosse il mare e lì, come d’incanto, si trovassero già i migranti. Scegliendo uno scenario mare-centrico, a loro insaputa, hanno perso il ruolo di regia del sistema, affidandolo, implicitamente, alle Ong acquatiche (a loro volta figlie della cattive coscienze europee di cui sopra). Ovvio che in questo contesto la legge di riferimento fosse quella del mare, modificata dal governo Renzi in modo che il “porto più vicino” fosse non quello tunisino o maltese, ma comunque quello italiano. Una follia.
- Nei giorni scorsi è successo però qualcosa di imprevisto, di colpo l’atmosfera nel paese è cambiata, certo la tensione rimane alta ma non è più quella di inizio luglio, è come se i cittadini avessero percepito che il circolo vizioso “Scafisti-Ong acquatiche-Guardia costiera” stava per tornare ad essere virtuoso. Nessuno di noi analisti aveva capito che la soluzione era lì a portata di mano.
- La sberla ricevuta da Emmanuel Macron, che si era permesso di invitare a Parigi, in uno dei tanti castelli dei tanti Luigi, i due uomini forti della Libia tagliandoci fuori con studiata volgarità (dietro i paroloni c’è la volontà di Total di sottrarre a Eni il petrolio libico) era stata salutare, anche per farci capire che in fondo è un bonapartista da operetta. Il siciliano Sergio Mattarella e il calabrese Marco Minniti, hanno capito che questa volgarità francese non poteva più essere tollerata, bisognava reagire. In modo felpato l’hanno fatto.
- Non so chi dei due abbia avuto l’idea del codice, concepito sulla mossa geniale di riportare il focus sulla costa libica e sui porti italiani, e non sul mare. La palla l’aveva alzata mesi prima il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro (per questo insultato e ridicolizzato): aveva capito il rischio mortale del giochino triangolare “Scafisti-Ong acquatiche-Guardia costiera”, costruito in un’ottica mare-centrica.
- Siamo tutti debitori a quello sconosciuto fotografo della giustizia italiana che ha ripreso il tranquillo trasbordo, all’apparenza programmato, con mare piatto e zero pericoli, fra la nave Iuventa (quella che a prua portava la scritta, in inglese of course, “Vaffa Italia”) e gli scafisti criminali, che ricuperavano diligentemente i loro gommoni dando a noi cittadini comuni, la rappresentazione plastica delle fake news istituzionali propinateci per anni.
- La soluzione era lì da tempo: bisognava semplicemente applicare prima le leggi di terra e solo dopo quella del mare. Perché i migranti erano entrati illegalmente in Libia e lì acquartierati per cercare di attraversare, sempre illegalmente, il mare, giocando sulla guerra civile e sulla corruzione che devasta il paese, tentavano, a pagamento ma legittimamente, l’avventura della vita.
- Il codice Minniti è un calibrato documento organizzativo focalizzato su ruoli e responsabilità dei vari attori, la chiave di tutto è la figura a bordo del funzionario di polizia giudiziaria (quindi non un marò, ma un investigatore, come richiesto da Zuccaro) che costringeva le Ong acquatiche a uscire dall’ambiguità. D’ora in avanti prima si rispettano le leggi italiane, poi, come ovvio, quelle del mare.
- Le élite salottiere, credendo di essere ancora ai tempi dei governi precedenti, attraverso Roberto Saviano per i laici e Marco Tarquinio per l’ala cattolica militante, hanno preso posizione a favore dell’Ong principe (Msf), quindi contro lo Stato, il renziano Graziano Delrio si è affrettato ad accodarsi (con imbarazzante scivolata sulla Guardia Costiera). Un errore strategico comunicazionale di cui non si sono resi conto per la nota insipienza che li contraddistingue.
- Il presiedente Mattarella, per la prima volta, è entrato sul problema a piedi giunti. L’opinione pubblica, prima di noi dei media, ha percepito che si era in presenza di un cambio di paradigma e si è schierata con Mattarella-Minniti (mi dicono che sondaggi riservati lo abbiano certificato).
- E’ incominciato allora il riallineamento degli sconfitti: Renzi lo ha fatto in modo simpatico, Monsignor Galantino si è ecclissato, i Vescovi si sono subito riposizionati abbandonando al suo destino il povero Tarquinio. Saviano, letto che anche il suo New York Times l’aveva abbandonato, si è chiuso in un colto silenzio. Il cerino acceso è rimasto ad alcuni di noi dei giornali incapaci di autocritica e ai panchinari che gestiscono i talk show estivi.
- Trovo incredibile come le élite non si fossero accorte che stressando la posizione mare-centrica, quindi filo Ong, si arrivava al suicida “né con lo Stato, né con le Br” di antica memoria. Persino un dilettante della comunicazione politica come me aveva capito, come ho scritto in alcuni degli ultimi Camei, la drammatica conseguenzialità di quella scelta: “Attenzione, state giocando in modo avventuroso con le parole, siete a un passo dalla bestemmia, dal pensare: “in fondo gli scafisti svolgono un’attività umanitaria”.
Amici delle élite che dire? Vi siete salvati proprio all’ultimo istante. Un momento di silenzio e di riflessione credo ve lo dobbiate imporre.
Riccardo Ruggeri