I 25 milioni per Cattaneo potrebbero essere pochi

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Alcuni lettori mi chiedono di commentare, come ex manager ed ex ceo di una multinazionale quotata a Wall Street, la fuoriuscita di Flavio Cattaneo da Telecom, con maxi liquidazione di 25 milioni. Lo confesso come ex non sono in grado di farlo. Stiamo parlando di due ere geologiche diverse, culturalmente lontanissime, anche se pochi sono gli anni trascorsi. Ho operato nell’ultimo periodo del capitalismo classico, quello che scompare a metà degli anni Novanta, con l’esplosione della cosiddetta New economy. Lì nasce e muove i primi passi il ceo capitalism. Cos’è il ceo capitalism? Per chi non si accontenta della mia sintesi brutale “Una versione criminale del capitalismo classico”, vada a leggersi da pagina 39 a 54 del mio ultimo libro America. Un romanzo gotico (Marsilio): racconto un celebre modello di quella fauna. Nel capitalismo classico l’imprenditore e il manager (spesso convivevano) erano leader culturalmente “rotondi”, si muovevano secondo protocolli, a volte anche spregiudicati, ma sempre definiti e rigorosi. Nel ceo capitalism l’imprenditore è scomparso (surrogato da azionisti, in genere Fondi), il manager sostituito da una versione pseudo manageriale “concava”, che trovo più corretto chiamare deal maker.

Manager e deal maker sono due figure lontanissime fra di loro. L’uno, il manager, doveva far crescere (mi si passi il termine, armonicamente) l’azienda in termini di prodotti-mercati, quindi era attento all’innovazione, allo sviluppo del business, degli uomini, e aveva come orizzonte il medio lungo termine. L’altro, il deal maker, deve perseguire la crescita attraverso l’abbattimento dei costi (tanti e subito), per far aumentare il valore di borsa, e come orizzonte ha il trimestre, al massimo l’anno.

In un caso ci si comportava come i generali di un tempo che giuravano sulla bandiera della patria, nell’altro il modello è quello dalla pirateria del Seicento. I contratti dei deal maker attuali sono la versione moderna delle “lettera da corsa”, documenti di incarico dei Re che autorizzavano il “corsaro” a depredare, per conto loro, le navi nemiche di proprietà di altri Stati, di altri Re. L’importante è stabilire di volta in volta se trattasi di “corsari” (mercenari che depredavano solo le navi nemiche al loro Re) o di “pirati” (banditi liberi che depredavano chi capitava). Allora e oggi, quello da depredare resta sempre lo Stato, le sue proprietà, le sue leggi-regolamenti, ovvero tacitare i suoi magistrati. Come? Con la corruzione appunto, ma nuova, non sta più nelle valigette 24 ore, ma nelle teste dei contraenti (lo scambio si può materializzare a distanza di anni, a volte in forme anche curiose), infatti la chiamanolobbyingdisruptive innovationetc. dandogli una dignità culturale che ovviamente non ha.

In questo senso il caso di Telecom è stato affascinante fin dalla nascita, vent’anni fa, perché è un caso di scuola, è un caso di vita, io l’ho studiato molto fin da quell’incontro (magico per alcuni, sciagurato per altri) Van MiertAndreatta che mise in moto il successivo ambaradan, ma mai ho voluto scriverci, perché mi vergognavo. L’ho sintetizzato recentemente in un tweet (Twitter è la mia seconda pelle, quella dell’ironia, verso gli altri e verso me stesso). Eccolo: “Telecom? La carcassa di un elefante che da anni alimenta, sempre con carne fresca, diversi animali della savana”.

Andando alla ciccia, non sono in grado di stabilire se i 25 milioni di € dati a Cattaneo siano giusti, troppi, troppo pochi, bisognerebbe conoscere cosa c’era scritto nella “lettera di corsa” e a quanto ammonta, subito o in prospettiva, il bottino consegnato al Re (francese). Secondo me, sono pochi.

www.riccardoruggeri.eu

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