Rispondo a tutti i lettori che mi hanno scritto a proposito di Camei ove ho trattato temi soffusi di “post verità”. Post verità secondo l’accezione della Bibbia laica, l’Oxford Dictionary, è un “atteggiamento tipico di chi, non solo dice il falso, ma considera un optional la differenza fra ciò che è vero e ciò che non lo è”. Ho apprezzato il nostro Giorgio Arnaboldi che ha chiosato Beppe Severgnini. Lo confesso, ho un debole per Beppe, lo considero l’unico, di quell’elegante genia, in perfetta buona fede. Racconta il mondo occidentale come dovrebbe essere, le elezioni come dovrebbero andare, le persone come dovrebbero comportarsi, purtroppo la realtà spesso lo smentisce.
Il commento di quelli che hanno subito l’onta della Brexit, della nomina di Donald Trump, della débâcle di Matteo Renzi hanno trovato la stessa locuzione consolatoria e rassicurante: “la democrazia sta annegando in un mare di notizie false”. Detta così è una verità, ma temo che lor signori non riconoscano che pure le loro notizie sono false.
Per un apòta come me, questo è un periodo culturalmente meraviglioso. Per sessant’anni, con una accentuazione dopo la caduta del Muro e l’andata al potere della “banda” Bill Clinton, George Bush, Barack Obama (ci sono stati un quarto di secolo!), ho ascoltato quantità industriali di notizie false, al punto che non credevo neppure più a quelle vere. Ma dal 2008, anno dello scoppio della Grande Crisi (avendola creata, lor signori ora si rifiutano pure di riconoscerne l’esistenza) hanno sollevato loro il tema delle notizie false. Curiosamente, la loro narrazione sulle notizie false è essa stessa falsa.
E’ noto da sempre che la post verità più autentica viene praticata solo dalle istituzioni. Come? Mediante le tecniche dello spin doctoring (quelli di oggi sono ai più degli sconosciuti, ieri si chiamavano Joseph Gobbels, Lavrentij Berija, Arturo Bocchini) che traduco così: “modalità scientifica di parziale o totale manipolazione delle notizie e delle coscienze, salvaguardando le forme”. Se leggiamo i falsi del Web capiamo subito che sono costruiti nel tinello di un monolocale di periferia, mentre le altre sotto gli stucchi dei palazzi del potere.
Prendiamo gli ultimi tre macro-eventi dove la post verità è impazzata (Brexit, Trump, Renzi). Si è trattato di una vera guerra informativa asimmetrica da parte delle Istituzioni al potere. I leader hanno affidato il lavoro (sporco) a spin doctor (pagatissimi): un fallimento. Persino il mitico “mercato” li ha clamorosamente traditi, riprendendosi la sua dignità super partes.
Consiglio, sommessamente, di far calare un velo pietoso su questo tema, all’establishment non conviene avvelenare il pozzo delle fake news, visto che questo della manipolazione delle notizie è uno dei suoi strumenti basici per mantenere il potere, insieme a quello, anch’esso vecchissimo, del “post silenzio”, cioè nascondere, silenziare, attutire, le notizie non gradite. Il mondo di internet, degli hacker, della video sorveglianza, del Dna, delle cimici ovunque, per quelli del popolo sono una benedizione di Dio per scoprire brandelli di verità, insufficienti, ma una benedizione.
Scrive Evgeny Morozov:” per le élite il problema non è che il Titanic del capitalismo attuale (io lo chiamo ceo capitalism) stia navigando in acque infide, ma che ci siano troppe notizie false sulla presenza di un iceberg all’orizzonte”. Inutile girarci intorno, è l’establishment a campare diffondendo notizie false, cito un segnale debole venuto dal Washington Post (proprietà di Amazon!), quando ha dato notizia di un attacco informatico russo contro una piccola centrale elettrica americana. L’attacco non c’era mai stato, il giornale non ha neppure telefonato al gestore per una verifica, dopo due giorni nessuno ne ha più parlato, ma il virus (russo) era stato diffuso. O che dire di Obama? Ha raggiunto il top della ridicolaggine: accusa gli hacker russi anti Clinton, senza avere uno straccio di prova (o se le ha è come se non le avesse perché rendendole pubbliche farebbe saltare l’intera rete spionistica sotto copertura), mentre tutti noi le abbiamo di lui: ascoltava le conversazioni di stato e private di Angela Merkel.
Per nostra fortuna, questi delle élite, gratta gratta, sono dei poveracci.
Riccardo Ruggeri