Lettera aperta a Beatrice Lorenzin e a Stefano Lorenzetto

Mi scuso con il Ministro Lorenzin, che non conosco personalmente, e con Stefano Lorenzetto, di cui mi onoro di essere amico e ammiratore, ma proprio perché ho stima di voi, mi sento in dovere di darvi un’informazione, certo che non l’abbiate. A differenza di voi, che di certo avete molto da fare, stante i vostri ruoli e responsabilità, io da almeno cinque anni non ho nulla da fare. Le mie nuore e figli mandano avanti, con grande abilità e successo, i nostri due business: le rispettive famiglie (business primario), e l’azienda di famiglia (business secondario). L’unica attività che mi sono ritagliata è quella di voler bene a loro e ai loro figli, dedicando tutto il resto del tempo a riflettere sul mondo attuale, e cercare di ipotizzare in che mondo vivranno i miei quattro nipotini. Attività per me alta e nobile, per tutti gli altri inutile, peggio ridicola.
Studiando questo tema da molti anni, e avendo messo a punto una tecnica di analisi basata sulla tecnologia dei “segnali deboli”, di cui ho il copyright, mi permetto di essere critico con le vostre due ultime fatiche: lei ministro Lorenzin per l’iniziativa e successiva promozione pubblicitaria del “fertility day”, tu caro Stefano per un libro-intervista su un tema così divisivo. Non metto in dubbio che voi le viviate come iniziative nobili, provenienti dal profondo delle vostre coscienze, ma voi siete persone pubbliche, una legata al mondo della politica (oltretutto al potere più alto, cioè adiacente a uno dei G7), l’altro legato al potere dei media, a volte una mafia.
Oltretutto siete pure due persone di mondo, per usare una locuzione antica, per capire che lo scenario di riferimento è cambiato. L’ho sintetizzato con un tweet: “le élite non sono interessate alla fertilità di noi autoctoni, tanto hanno gli immigrati, già pronti alla bisogna”. A voi persone di antica sensibilità questo tweet può apparire cinico, ma coglie in pieno le esigenze strutturali del modello del ceo capitalism imperante. Questo modello, essendo concepito per produrre prodotti che abbiano prezzi infimi, essendo destinati a consumatori miserabili, richiedono materie prime scadenti e lavori idioti a bassissimo compenso (stile i 7 milioni di posti di lavoro creati dal job act tedesco di Schröder-Merkel a 400 €/mese), funzioni profilate sugli immigrati, per ora improponibili per gli autoctoni.
Caro ministro Lorenzin, al di là delle buone intenzioni, cosa le è saltato in mente di utilizzare il termine fertilità in un contesto ove le élite puntano all’utero in affitto, in modo da mettere sullo stesso piano, in nome della non discriminazione, etero e omosessuali, allo scopo di superare il politicamente corretto con l’emotivamente corretto, nuovo target dell’intellighenzia universitaria americana? Leggetevi Daniel Henninger sul WSJ
E a te, caro Stefano, cosa è saltato in mente di scrivere addirittura un libro (“L’Italia del Family day”, Marsilio editore, molto bello e scritto nel raro, impeccabile italiano che anche Vittorio Feltri ti invidia) con uno che tu stesso definisci “ayatollah mansuefatto”, che ama la famiglia al punto di aver adottato sette figli perché non poteva averne di suoi. Tu stesso citi Berlusconi, questi da sempre sostiene che sollevare questioni etiche fa perdere almeno il 20% dei voti, che avresti potuto raccattare. E poi perché esaltare la scelta referendaria per il “no”, di cui il libro è pregno? Proprio Vittorio Feltri, facendosi precedere da molti complimenti sulle tue qualità, boccia in toto il libro, anche per questa scelta. Dal libro emerge pure la prudenza (gesuitica?) di Papa Bergoglio verso questa Italia del Family day. Non parliamo dei grandi leader di estrazione cattolica che quando arrivano al potere si vergognano al punto da definirsi “cattolici adulti”. Con la stessa logica, Camillo Benso Conte di Cavour si sarebbe definito “massone junior”? Chissà?
Devo confessarti che Vittorio ha ragione, essendo questo referendum divisivo, come mai era avvenuto nella storia del paese, ognuno di noi deve scegliere se stare con la classe sociale alla quale appartiene (nel tuo caso con le élite radical chic), o con i poveracci, fattisi populisti. Scrivi troppo bene per essere un poveraccio-populista, se insisti sul “no”, impegnati almeno a sbagliare i congiuntivi.

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@editoreruggeri

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