Leggendo uno studio ben documentato di due giovani ricercatori della Bocconi, Antonio Aloisi e Valerio De Stefano, sul sindacalismo nell’era digitale, con la mente ho ripercorso, a ritroso, la storia della mia famiglia di operai. Mio nonno partecipò alle lotte operaie degli anni Dieci e primi Venti del secolo scorso. Nella scissione di Livorno del 1921 scelse il Partito Comunista, continuò ad agitarsi fino al 1926 poi, con l’arrivo di Monssù Cerutti (per noi Mussolini fu sempre e solo Monssù Cerutti, ch’a lu fica ‘n cül a tüti), passò alla resistenza passiva, dedicandosi al sesso (d’officina) e al Toro (in quest’ordine). Così mio papà, pure lui si concentrò sulla resistenza passiva, sul Toro e al sesso antepose i libri. Nel mio caso, operaio Fiat nature, segnato per sempre dal ridicolo Sessantotto degli alto borghesi travestiti da operai, seguii l’esempio di mio papà: il lavoro, il Toro, i libri.
Capii che c’era qualcosa che non quadrava nel modello per come fu gestito il “dopo caduta del muro”, la successiva “new economy” fine anni ’90 (che pure a livello personale fu piena di soddisfazioni economiche) mi appariva foriera di oscenità manageriali e umane. Poi il rapporto con il modello (cominciai a chiamarlo ceo capitallism) si ruppe con la crisi del 2008. Decisi di non accettare di vivere, almeno intellettualmente, in un mondo dove al centro della scena non ci fosse il lavoro-dignità del cittadino ma un ridicolo “consumatore”, manovrato da marionettisti markettari.
Ciò premesso, da questo studio colgo che se lo stato dell’arte del sindacalismo delle aziende della “on demand economy” è così elementare, come descritto dai giovani studiosi della Bocconi, in pratica un modello “app versus app”, i lavoratori la guerra l’hanno persa ancor prima di iniziare. Uno scontro di giovani smanettoni, geniali fin che si vuole, contro i padroni dei server, usando delle “app” sindacali che l’altro ti resetta con un click, mi ricorda la cavalleria polacca contro i panzer nazisti.
Strategia semplicemente ridicola. Pensare allo sciopero dei rider o dei driver contro giganti come Foodora e Uber, cioè all’uso di uno strumento nobile contro attività gestite in modo ignobile, mi pare follia pura. Le maggior parte delle aziende operanti nel mondo delle “piattaforme” devono essere considerate a tutti gli effetti aziende canaglia e combattute come tali. Ovviamente usando gli strumenti della democrazia liberale: a) nuove leggi approvate in Parlamento che diano nuovi strumenti ai magistrati; b) uso della leva fiscale; c) class action q.b. (quanto basta); d) uso dei social per raccontare verità vere, e cosa c’è dietro: spiegare che la strategia di costoro è vecchia come il mondo, cioè usare i quattrini degli investitori per fare lobbying (leggi corrompere, psicologicamente, intellettuali, politici, burocrati), per fare acquisizioni ricattatorie (comprare aziende per chiuderle), per fare “consolidamenti” atti a creare giganti (too big to fail e too big to jail), allo scopo di abbattere ogni forma di concorrenza e diventare monopolisti. Con questo modello ignobile non vedo alcun spazio sindacale, solo la magistratura e il voto contro, sempre e comunque, può difenderli.
Nell’era digitale il sindacalismo non può essere convenzionale (negoziati-scioperi-accordi) ma solo politico: il voto usato come clava.
Riccardo Ruggeri