Tutto nasce dal ricevimento di questa mail: “Che cambiamenti ha colto nei comportamenti dei suoi amici e conoscenti e loro figli, e in lei stesso, dopo i lockdown degli anni ’20-’21?” Mia risposta secca, sempre via mail: “Insofferenza e irrequietezza negli adulti, flemma olimpica nei giovani”.
Poi mi sono documentato. La Fondazione francese Jean Jaurès in uno studio recente ha elaborato un documento sulle conseguenze del periodo pandemico sulla psiche degli individui. I due studiosi Jérôme Fourquet e Jérémie Peltier, che hanno approfondito il fenomeno in modo scientifico per quanto riguarda la Francia, usano una locuzione di sintesi che applicherei a tutti i Paesi: “rammollimento generale”.
A corroborare questi risultati ci sono i dati sulla crisi generalizzata delle discoteche, dei cinema, della vita notturna in genere. Il mitico venerdì sera è ormai ridotto un’imbarazzante cena tiepida di cibi globalizzati, un film su Netflix, un paio di collegamenti WhatsApp con amici, che in un’altra casa compiono i loro stessi gesti, mangiano gli stessi cibi, ripetono le stesse battute.
Ecco i dati recentissimi dei sondaggi. Solo il 15% dei francesi dichiara ormai di uscire il venerdì sera con gli amici, il 37% sta a casa mangiando, appunto, un pasto consegnato, il 13% va a dormire, il rimanente 35% si dedica ad attività casalinghe, tipo pulizie e bucato. Interessante il declino delle attività sportive personali, jogging e palestre (le società sportive hanno perso oltre il 20% di affiliati), e i paralleli statistici con i ragazzi degli anni Novanta, criticati allora come pelandroni. Gli studi ci dicono che i giovani francesi di oggi, rispetto a quelli, hanno perso il 25% della loro capacità polmonare, causa tastiera e sedentarietà.
Circa gli studi scolastici, sono curioso di vedere l’impatto che avrà ChatGPT nel mondo dei licei e dell’Università. Imbarazzanti invece i dati sull’interesse dei giovani al lavoro. Mentre nei Novanta il concetto di “lavoro” era giudicato “importante o molto importante” dal 60% dei giovani, oggi lo è solo più per il 24% (temo che siano quelli delle classi alte). La locuzione, sulla quale si è basato il capitalismo novecentesco, “no pain, no gain” (niente sofferenza, niente guadagno) è quasi inesistente in termini di consensi. Concludono i due studiosi “Non è un caso se gli Influencer sono così popolari fra i giovani: incarnano alla perfezione un’aspirazione al successo materiale e sociale, purché lo si ottenga senza sforzi”.
Come ex CEO sono da sempre curioso di capire dove ci porterà l’attuale modello politico, economico, culturale. Avendo, sciaguratamente, annullato “l’ascensore sociale”, il CEO capitalism ormai è destinato a creare servi e maggiordomi, non certo la futura classe dirigente (oltretutto già stabilita alla nascita). Il modello era concepito su una specie di futurismo marinettiano che doveva velocizzare la produttività e pure lo stile di vita. Lo confesso, mi è sempre sfuggito lo scopo di questa velocizzazione che mi pareva fine a se stessa, di cui tutti prima o poi soffriamo, a cominciare dalle classi dominanti. Eppure lo sappiamo che l’educazione e la formazione richiedono tempi lunghi, che a loro volta necessitano di esperienze lunghe e durature nel tempo.
Così ci troviamo con una massa di giovani influencer mancati, che necessariamente sono destinati al loro divano di cittadinanza, con smartphone incorporato. Era questo l’obiettivo?