C’E’ CHI VUOLE CONSUMARE COMUNICAZIONE DI QUALITA’: I GIOVANI

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Continua il mio giro d’Italia di presentazione del libro sul Cancro, inteso come libro di management. Ormai, sempre più spesso, faccio confusione anch’io fra prodotto e processo, fra vita e stile di vita, i cavalli di battaglia sui quali si basa il libro. Da alcuni mesi ho cambiato approccio professionale, e il successo è stato immediato. Come editore ho avuto un’intuizione: anziché cedere praticamente tutto il ricavo derivante dal “prezzo di copertina” al distributore, nei suoi vari travestimenti di figuro che poco fa e tanto ottiene, e tenere per me il necessario per pagare le tasse e poco più, ho (udite, udite) modificato il paradigma del modello di business. In altre parole, ho estremizzato, capovolgendole, le regole sulle quali si regge il Ceo capitalism nella sua versione più bieca. Mi sono avvalso delle tecniche tipicamente criminali della disruptive innovation, adottandone una versione nuova, ancora più feroce, ma, e qui sta la chiave di comprensione, tutta a fin di bene.

Come? Con una genialata: regalare il libro a chi viene ad ascoltarmi, e, se richiesta, fare pure la dedica. Mai nessun autore-editore, nella storia dell’umanità, ci aveva pensato, lo stesso Adolf Hitler usò il suo Mein Kampf certo per prendere il potere, ma nel frattempo lo vendeva pure, e a caro prezzo, arricchendosi (questo aspetto marginale mi ha sempre fatto riflettere sulla miseria umana dei dittatori, molto più profonda da come potremmo immaginare).

La mia presentazione viene preceduta da una spiegazione delle logiche di business che stanno dietro a questa (stravagante) strategia. Ho cioè trasferito tutta la percentuale pretesa dal distributore (io la vivo come una tangente) e pure i miei costi direttamente al cliente finale, il lettore, tagliando completamente fuori dal processo la cuscuta, potete immaginare con quale soddisfazione personale.

Pochi giorni fa, sono stato invitato a Genova, in un raffinato collegio universitario dove prima abbiamo cenato tutti insieme, e poi dibattuto, in modo serio e rilassato, con un gruppo di straordinari ragazzi, futuri medici o futuri ingegneri, soprattutto futuri uomini di qualità, su cosa c’è dietro a questo mia approccio fuori dalle righe, sia al Cancro, sia al management, sia al business, sia al processo distributivo che sta dominando (vessandolo) il mondo. Curiosamente mi avevano anticipato che erano molto interessati al mio ultimo obiettivo: la lotta alle fake truth. Dalle loro domande, e a dalle reazioni alle mie risposte, ho capito che il Protocollo Zafferano, al cui disvelamento mancano appena 24 ore potrebbe avere un certo impatto su questo aspetto che sta drammaticamente condizionando la comunicazione di oggi.

L’adozione, che si fa via via più massiccia, delle fake truth sui processi mediatici della comunicazione comporta, in automatico, se vogliamo difendere la libertà di stampa da noi stessi, iniziative di autoregolamentazione e di difesa. Per questa difesa è nato il Protocollo Zafferano, per ora null’altro di un involucro intellettuale che si pone l’obiettivo di riportare giovani-giovani e giovani-adulti (possibilmente tutti) a consumare comunicazione di qualità (quella ideologica spesso non lo è, così come non lo è quella brutale di appartenenza). E’ un compito molto sfidante, infatti noi di Zafferano ci ripetiamo sempre che ci vogliono 150.000 pistilli per ottenere un grammo di zafferano puro.

riccardoruggeri.eu

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