L’elezione, assolutamente inattesa, quindi sconvolgente per le élite, di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti, ci ha insegnato che la vittoria a una competizione presidenziale non può più essere ottenuta soltanto con modelli convenzionali (tv, porta-porta, maxi-eventi, etc.). Dei tanti colleghi analisti, solo con due mi sono trovato sulla stessa lunghezza d’onda, Kerstin Kohlenberg (Die Zeit) e Paolo Bottazzini (Pagina 99). Le elezioni ormai le vincono un mix “idea-piattaforma-specialisti”. Barack Obama ottenne due mandati grazie alla piattaforma “VoteBuilder” che gli permise di raccogliere 72 milioni $ attraverso piccole donazioni da pochi dollari, ma pure, come sottoprodotto, un intelligente tracciamento degli argomenti ai quali gruppi di elettori opportunamente profilati si sarebbero mostrati sensibili.
Quando Trump, dopo le primarie vinte in Indiana, capisce che avrà l’investitura, stanzia 230 mil. $ sulla piattaforma “Project Alamo” per gestire l’enorme massa di informazioni di potenziali elettori. Trump sceglie Brad Parscale a guidare la strategia della promozione on line. Costui si occupa di marketing digitale fin dagli anni ’90, nato in Kansas, vissuto in Texas è ovvio per lui scegliere come modello applicabile alla politica la strategia commerciale per la vendita degli hamburger. Usa strumenti specifici che Facebook (schieratasi con The Hillary) mette a disposizione dei clienti delle piccole imprese, individua utenti che il software Facebook giudica simili a quelli delle “pagine fan” di Trump, li intercetta, con il misuratore “brand lift” verifica la loro efficacia comunicativa.
Così la piattaforma “Project Alamo” diventa il motore della strategia politica di Trump, pianifica persino i suoi viaggi elettorali. A 90 giorni dalle elezioni di novembre 2016, Trump sceglie un nuovo direttore della sua campagna elettorale: Stephen Bannon. Come studioso di curricula sono folgorato, trovo il suo perfetto alla bisogna: ufficiale di marina, funzionario al Pentagono, studi a Harvard, diventato ricco lavorando con Goldman & Sachs, produttore a Hollywood di Seinfeld (ancora oggi incassa ricche percentuali). Dopo il 9/11 del 2001, Bannon si convince che la cultura liberal stia uccidendo l’America. Nel 2012 si trasferisce a Washington, comincia a lavorare su un’idea di destra, alternativa ai liberal al potere. Nel 2008 una vicenda personale l’aveva segnato per sempre: suo padre, un umile impiegato, si era costruito la sua pensione di vecchiaia con un portafoglio azionario diversificato. La crisi lo costringe a svendere, per timore della bancarotta delle società, perde quasi tutto il suo patrimonio pensionistico, ora è un vecchio povero. “Obama salva le banche e i manager, non i piccoli risparmiatori (per la pensione)”, la conclusione della famiglia Bannon. (Vendetta, tremenda vendetta?)
Capisce che la piattaforma Facebook racchiude ogni utente nella sua bolla di convinzioni, radicalizzando la polarizzazione ideologica, ma non è in grado di far migrare le idee (quindi i voti) dall’una all’altra. Si butta in questo territorio inesplorato, dimostrando di padroneggiare tutti i mezzi della comunicazione, grazie al suo curriculum. La sua piattaforma Breibart riesce a integrare tutti quelli che avevano un unico nemico: il mondo liberal di New York, della California, di Washington, compresi i repubblicani del partito della nazione dem-rep.
Breibart, nell’ottobre 2016 ha avuto 37 milioni di contatti, i suoi articoli di politica hanno più lettori del Washington Post, New York Times, WSJ messi insieme. E’ la principale fonte di contenuti politici sui social fuori dall’America; è persino riuscito a integrare i data scientist di Cambridge Analytica, l’agenzia londinese che ha supportato tecnicamente la Brexit.
Bannon arriva a una certezza: “In tutto il mondo le persone sono orgogliose della propria patria e la vogliono difendere”. Usa un termine suggestivo “Devo confezionare un’informazione personalizzata per milioni di elettori, come un sussurro all’orecchio”
Certo, da brividi alla schiena, gli stessi però che stiamo subendo dalla piattaforma liberal in essere da un quarto di secolo, e dai suoi media. Questi sanno tutto di noi, noi nulla di loro, non può continuare così. Almeno, ora ne abbiamo due, seppur in negativo, hanno la stessa non dignità.
Riccardo Ruggeri