La vicenda della “sentenza” del WTO che dà ragione agli Stati Uniti e torto all’Europa (tranquilli, è tutta una sceneggiata, il prossimo anno, vedrete, darà torto agli Stati Uniti e ragione all’Europa) può stupire quelli che credono ancora alla “concorrenza”, all’etica protestante del business e della politica. Lasciate perdere le fake truth istituzionali che vi propinano e, anziché credere alle teorie consolatorie dei “competenti”, ragionate in termini di execution. Giudicate in base agli atti, non alle parole.
Ho passato sette anni della mia vita professionale nel mondo dei prodotti destinati alla difesa. Quella degli armamenti è sempre stata considerata l’industria strategica per eccellenza, su di essa si basa la sicurezza, per alcuni della libertà, per altri della dittatura. Ricordiamolo, internet è un sottoprodotto militare. Il mondo del business militare sembra peggiore, stante i prodotti, ma le logiche sono le stesse degli altri business, dalle banane ai cannoni: sempre Ceo capitalism in purezza è.
Un esempio a caso che avevo già trattato dieci anni fa consumando più spazio. Sempre Boeing contro Airbus, cioè Stati Uniti contro Francia e Germania. Nel 2002 il Pentagono valutò di iniziare il processo di sostituzione dei KC-135, quei giganteschi aerei cisterna capaci di rifornire in volo gli aerei dell’Air Force. Quelli dei film della guerra in Corea che da ragazzo vedevo nel cinema della parrocchia. Valore della commessa 35 miliardi di dollari. Fu indetta una gara, chiaramente internazionale, siamo o non siamo nel tempio del libero mercato? Due soli i partecipanti ammessi, Boeing e Airbus. Essendo un oligopolio a due impossibile trovare il terzo. Appena i due concorrenti dichiarano le caratteristiche tecniche dei rispettivi modelli appare chiaro che non ci sarà competizione. Il KC-45 dell’Airbus è un vero e proprio gioiello tecnologico, è anni avanti come sviluppo, porta più carburante, ha un raggio d’azione superiore, ha più affidabilità. Alla cerimonia dell’apertura delle buste i franco tedeschi ci vanno come atto dovuto, ma sanno già che vinceranno.
Sorpresa! Vincono gli americani della Boeing. Ricorsi, polemiche, commissioni d’inchiesta. Infine, il senatore repubblicano John McCain, il futuro avversario di Barack Obama, scopre che c’erano stati episodi di concussione e li denuncia. Notare la finezza, gli anglosassoni non sono mai corrotti, vengono concussi. Il Congresso annulla la gara e si deve ricominciare tutto da capo. A questo punto, i francesi che, in base alla mia esperienza passata, sono molto più “attrezzati” a muoversi in quei meandri, ove i confini fra il pubblico, il privato, il militare, il politico, il losco, il burocratico, sono molto tenui, assumono la leadership della trattativa. Airbus coinvolge una ditta americana del settore, la Northrop Grumman, quindi a uno dei boss del Senato, Richard Shelby, feudatario politico dell’Alabama garantiscono posti di lavoro pregiati in loco. Per maggior sicurezza, lo stesso John McCain è “assoldato” dai francesi.
Con questa potenza di fuoco (lobbistica of course) vince la gara. Siamo nel febbraio 2008. Nove mesi dopo, Barack Obama diventa Presidente degli Stati Uniti. Come noto, lui è di Chicago, Illinois. Dov’è, la sede centrale della Boeing? A Chicago, e nell’Illinois ha alcuni suoi insediamenti strategici. A questo punto, la Corte dei Conti degli Stati Uniti, sua sponte, scopre, ohibò, che l’offerta Airbus è piena di errori, inadeguata. Annulla la gara e ingiunge al Pentagono di definire specifiche tecniche più pertinenti. Appena i tecnici di Airbus leggono il nuovo capitolato decidono di abbandonare la gara dicendo che è stato scritto dalla stessa Boeing (Tranquilli, la prossima gara, in Europa, la vinceranno loro).
Dopo nove anni, finalmente il processo sarà semplificato. Sempre gara internazionale ma un solo concorrente, americano. Per chiudere ogni polemica, Obama invita il ministro competente, Michael Donley, a illustrare alla stampa la posizione del Governo. Ecco la locuzione presidenziale: “Siamo certi che riusciremo ad ottenere prezzi equi dalla Boeing, anche senza la partecipazione di altri concorrenti”. E nessuno, neppure il mitico NYT, che li seppellisca sotto una grande risata.
Nei sette anni che ho passato in questo mondo, di casi “di mercato” come questo ne ho visti a decine, per cui non mi stupisco. La corruzione vera non è quella della bustarella al funzionario infedele, ma quella che si compie nelle stanze ovattate dove sono indicate le specifiche del capitolato di gara. È una forma corruttiva, quando si attua, che non può essere scoperta. Non servono le intercettazioni telefoniche, neppure il trojan, perché costoro si parlano muovendo i muscoli del viso, storcendo la bocca, chiudendo gli occhi, sbattendo le palpebre, sorridendo, appoggiando una mano alla fronte; sono mafiosi di alta classe. E i loro pizzini sono mentali.
In arabo coschin significa oscurità e i siciliani, che per secoli sono stati sotto il tallone del Califfato hanno dato il nome cosca alla brattea del carciofo, cioè quel fascio di foglie impenetrabili che protegge, con spine crudeli, la parte nobile della pianta. La mafia ha chiamato cosche le cellule di base dell’organizzazione criminale; devono essere strette, protettive, oscure attorno ai loro capi.
L’establishment euro americano si è impossessato anche di questo nostro know how, cambiandogli però il nome. Usano il termine cosca, solo nei dialoghi dei telefilm dei Soprano’s, mentre per i loro loschi affari, che chiamano business, traducono cosca nel termine più elegante di lobbying. Se pratichi la prima c’è la galera, se la seconda c’è la ricchezza. E’ il Ceo capitalism, bellezza!
Zafferano.news