Da una decina d’anni, scrivo cinque Camei alla settimana, li pubblico o li archivio in modo da poterli sistemare, chissà quando, su qualche supporto che i miei nipotini, adulti, forse leggeranno. Oggi, due fatti, marginali per i più, mi hanno convinto di proporli. Si tratta di un referendum in Svizzera e, in contemporanea, un intervento ad un simposio ad Harvard del vice direttore finanziario (Marty Chavez) di Goldman & Sachs (per le mie analisi preferisco sempre i vice, ho scoperto che in loro c’è meno fuffa).
Una legge svizzera importante (“Riforma fiscale III delle imprese”) nata su forti pressioni di Bruxelles e dell’Ocse, contrari agli attuali benefici rivolti ai regimi fiscali speciali di cui beneficiano in Svizzera le società Holding (hanno qua la sede legale, ma svolgono altrove l’attività), sopprimeva questi regimi speciali, introducendo altri strumenti per tenere comunque alta l’attrattività fiscale. Il referendum era sostenuto dall’intero establishment svizzero: Consiglio Federale, Parlamento, Cantoni, Confindustria, tutti i partiti, contrari i soli socialisti che l’avevano proposto. Secondo i sondaggisti nelle urne non ci sarebbe stata partita, invece il No ha stravinto (60-40: è il numero diventato ormai norma, persino il Cantone dei Grigioni ha bocciato 60-40 le Olimpiadi invernali di Sankt Moritz), dando alle sinistre svizzere una boccata d’ossigeno, in una fase per loro calante. Secondo le teorie di Luca Lotti i socialisti svizzeri oggi al 18,7% alla prossime politiche avranno il 60%.
Perché gli svizzeri hanno votano No? Concedeva troppe regalie fiscali alle multinazionali, sopra tutto era proposto dall’establishment. Questi erano andati di prima mattina al voto, tutti pimpanti, a cena si ritrovano con un mucchio di macerie fumanti. Il voto dimostra che non esiste un populismo solo di destra, se in Francia Benoît Harmon, puta caso, dovesse arrivare al ballottaggio con Emmanuel Macron, vincerebbe. La regola pare chiara: se sei percepito come uomo dell’establishment, sia che tu provenga da destra, da sinistra, dal centro, sei morto (l’eccezione credo sia Marine Le Pen). Ammiro Matteo Renzi che non teme di identificarsi con l’establishment nostrano, fondando, per sottrazione, il Partito della Nazione.
Ad Harvard, in un simposio su “Data, Dollars, Algorithms”, Marty Chavez ha comunicato che, dei 600 operatori del private equity presenti in azienda quindici anni fa, ne sono rimasti due (sic!), il lavoro degli altri 598 è stato trasferito a migliaia di “Algorithm”, supportati da 200 badanti umane (ingegneri informatici, da sostituire appena gli algoritmi sapranno auto manutenere). I risparmi per Goldman sono stati incredibili (in media il costo di un operatore di livello era di 500.000 $-anno). Ma Chavez va oltre, ci racconta che con una start up “interna” hanno messo a punto un software che sta eliminando tutto (proprio tutto) il personale addetto alla gestione delle carte di credito. Come ex ceo mi eccito: è un sogno avere il 100% di quota di mercato, azzerare il costo del lavoro, liberandosi una volta per tutte di insopportabili concorrenti, faticosi dipendenti, noiosi sindacati, e vivere felici con i propri azionisti, spartendosi il malloppo.
Cosa indicano questi due segnali deboli? Che stiamo vivendo una fase topica dell’infinito scontro fra il bene e il male, la faglia della globalizzazione e quella della tecnologia (entrambe bene destinate, accoppiandosi, a diventare male) stanno marciando verso il Big One. Al contempo, un libro di Minxin Pei, China’s Crony Capitalism, racconta la versione cinese del ceo-capitalism. Il crony capitalism di Pei è un modello basato sullo scambio fra politici e ceo, nell’accezione mafiosa di compari (crony). I ceo, compari dei politici cinesi, accumulano, artatamente, enormi patrimoni, parte di questi tornano ai politici, così questi ottengono o mantengono il potere. Esattamente come in Occidente con il ceo capitalism. O in Sicilia, da sempre. Niente di nuovo sotto il sole. Falcone e Borsellino avevano capito tutto, e pure trovato la soluzione: “per arrivare ai mafiosi segui l’odore dei soldi, sequestra loro i patrimoni, mettili in galera al 41 bis, butta la chiave”.
Riccardo Ruggeri