In questo agosto caldo e pieno di nebbia, di polveri sottili e di eventi spessi, la Cina ha comunicato al Wto che con la notte di San Silvestro cesserà d’importare dall’Occidente la spazzatura che ci aveva inviata con l’imballaggio dei suoi prodotti. Cos’è successo in questi ultimi 20-30 anni? I cinesi, massimi esperti di furbate, perché massimi beneficiari della globalizzazione (luogo mitico dove se non sei cinese puoi solo scegliere se essere gabbato ovvero buggerato), si erano inventati il ciclo perfetto: esportavano grandi quantità di merci, specie verso Giappone e Stati Uniti, imballate con materiali a base di cellulosa e di plastica, che poi tornavano in Cina sotto forma di spazzatura. In questo via vai infinito il cliente (cioè noi, ormai questo è il nostro destino di consumatori drogati e globali) perde la percezione del suo ruolo, lo confonde con quello del fornitore, il business si fa fiaba, non si rende più conto se il prodotto, partito come tale, è diventato imballo, quindi imballo dell’imballo, infine spazzatura, quindi spazzatura della spazzatura.
Trovo fantastico che sia stata la Cina a interrompere questo ciclo, la tempesta perfetta fattasi quiete perfetta.
La Cina è al primo posto al mondo come importatore di spazzatura e riciclatore della stessa (56% di quota di mercato per un valore di 3,7 miliardi $). Dicono gli studiosi che nessun miracolo economico (loro) sarebbe stato possibile se non avessero reimportato la cellulosa e la plastica usata, processo molto più economico e più semplice che produrle da zero. Quanti dei nostri studiosi hanno riflettuto sul circolo vizioso insito nella globalizzazione, così come è stata accettata, con imperizia e negligenza, da noi occidentali? Secondo Bloomberg è come se la Cina riciclando tutto il materiale che produce, arrivasse all’incredibile tasso di riciclo del 70%, guadagnando, ripeto, sia all’andata che al ritorno.
Che implicazioni hanno su di noi la loro decisione di uscire da un segmento strategico del processo di globalizzazione che avevano inventato e, finora, cavalcato con successo? Pare che si siano accorti che grandi quantità di rifiuti tossici sono mischiati a quelli solidi, e ciò inquina l’ambiente cinese. Trovo delizioso questo vai e vieni per il globo, a nostra spese, di prodotti che via via si degradano fino a diventare forme diverse di spazzatura ultra inquinanti, e che nessuno degli attori voglia farsi carico della colatura terminale delle schifezze finali. E dire che noi, fin dal tempo di Roma antica avevamo inventato l’imperdibile colatura delle alici di Cetara: i cinesi si saranno ispirati a questa?
Ma ci sono pure le schifezze iniziali. Sentite questa, che riprenderemo in un prossimo Cameo dedicato al magico “mondo elettrico”, quello di Tesla. Secondo uno studio dell’Istituto di Ricerca Ambientale svedese, una batteria Tesla (una), ancor prima di lasciare lo stabilimento, ove è stata prodotta, secondo un particolare (di certo geniale trattandosi di Elon Musk) processo tecnologico, ha già emesso nell’atmosfera 17,5 tonnellate di diossido di carbonio, equivalente a otto anni di emissioni di un’auto di oggi circolante a benzina o diesel. Che dire? Inquinare in anticipo e a monte, per mostrare che abbiamo risolto il problema dell’inquinamento a valle, ma senza dirlo ovviamente, questa sarebbe un approccio fake al quale non avevo pensato. Ma non è finita, quale sarà l’inquinamento che produrrà quando il cadavere di quella batteria al litio-cobalto si decomporrà? Siamo entrati in un’epoca ove bilanci economici e comunicazione fake la faranno da padroni, quindi avremo un disperato bisogno di manager impeccabili come cacciaballe, e di prufesur intellettualmente corrotti che sappiano far di conto in un certo modo.
Ora Bloomberg, e il massimo esperto del settore Adam Minter, si accorgono che i rifiuti cinesi dell’ultimo giro sono i più sporchi del globo. Temo che il primo gennaio 2018, quando i cinesi cesseranno di prendersi i nostri rifiuti allo stadio terminale, ci sveglieremo, non solo con la testa pesante per gli eccessi della notte prima, ma anche più sporchi. Cosa ci combineranno nel 2018, questi birbanti di cinesi dopo averci globalizzato? Ce lo spiegheranno con parole dolci, sorrisi e inchini al Forum di Davos a febbraio. Quest’anno non me lo perdo di certo.
Riccardo Ruggeri