SOLO I POLITICI POSSONO SALUTARSI CON UN “SALVE!”

Essendo in periodo ferragostano prendo per buona una notizia ascoltata al Bar di Nadia. Stante il luogo non c’è dubbio sia una notizia da bar. Quindi la commento con un Cameo rigorosamente da bar, come ho deciso di fare nel periodo ferragostano. Non dimenticate che le mie eventuali moral suasion ferragostane sono sempre e solo da bar. Non pretendo certo di sostituirmi all’unica moral suasion certificata, quella del Colle.

Eccola: “Il Maestro Riccardo Muti ha allontanato dalla sua orchestra giovanile un orchestrale (giovane) che si rivolgeva a lui, anziché con il classico “Buongiorno Maestro”, con un “Salve!” (il punto esclamativo è mio)”. Pur non avendo pezze d’appoggio che mi garantiscano non sia una fake news, amici fidati mi giurano che la notizia provenga direttamente dalla Rete, quindi la prendo per buona. Essendo stata colta in un bar (il più importante della cittadina) la considero vera, come lo era un tempo una battuta da bar, prima che fossimo invasi dalle fake news, sia istituzionali (vere per definizione anche se spesso false) sia private (false per definizione anche se spesso vere). Lo confesso, parlo a titolo personale, essere salutato con un “Salve!” a me non piace. Accetto invece il saluto del nigeriano Kamil, una giovane “partitaiva” di un negozietto che frequento: “Ciao Buongiorno, Signore”. Il “Signore” è personale, vale per i capelli bianchi.

Ovviamente non mi permetterei mai di rivolgermi a chicchessia con un “Salve” avendo a disposizione, a seconda di dove mi trovo, l’algido “lei” italiano, il raffinato francese “Vous”, il concreto inglese “You”, che può essere amichevole o rispettoso a seconda del contesto e di come viene porto. Peccato che del meraviglioso “Voi” della mia infanzia (la mamma voleva che lo usassi anche per i nonni) se ne sia impossessato il fascismo mussoliniano permettendo così allo speculare ideologia “’politically correct” dei radical chic attuali di vietarci di usarlo.

Tornando al (presunto) appellativo “Salve” rivolto al Maestro Muti faccio una precisazione. Non c’è dubbio che “Salve” abbia un’origine nobilissima ed augurale, derivando dal latino “salvare”, nel senso di essere in buona salute. Ma io sposo la riflessione del grande Guido Ceronetti che definiva il “Salve” un’espressione “fredda, sgraziata, buttata là con svogliatezza e noncuranza, come fosse un muro contro cui farti sbattere” (notate l’intelligenza raffinata e l’italiano sublime). Se vogliamo essere precisi dovremmo sapere in che momento della giornata il Maestro Muti si sia irritato per quel Salve. Se era dopo mezzogiorno, caro Maestro, il Galateo sostiene che “Buongiorno Maestro” non possa più essere usato, vale solo fino a mezzogiorno.

In conclusione io sto comunque con il Maestro Muti, almeno nella musica uno non vale uno. Non vale neppure per i bar: quello di Nadia è il migliore, frequentato dai migliori. “Uno vale uno” vale solo in politica e solo ai tempi del CEO capitalism (il colera di Márquez). Ed è dimostrato, è passato un anno, ormai non c’è più alcun dubbio che Conte 2 vale Conte 1.

Zafferano.news

Comments are closed.