I “ribelli” di Al Qaeda e dell’Isis non sono dei Mazzini islamici, bensì i nostri nemici

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Un tempo i giornalisti godevano di una certa credibilità, “l’ho letto sul giornale” chiudeva ogni dibattito, alcuni poi erano considerati addirittura degli indovini. Ricordate il Mago di Oz? Dietro la tenda c’era sì un tizio, tutti credevano fosse un mago, nella realtà era uno normale, uno di noi. Il giornalismo è semplicemente scrivere la verità, lo facciamo sempre meno, la magia ora è nascondere la verità per compiacere il potere. Sulla Siria lo stiamo facendo da anni.

Ci provo, il mio Cameo può piacere o non, ma non ha ambiguità, dice sempre la verità, almeno quella alla quale sono arrivato. Al momento, ho questo materiale: “Assad usa il gas sarin contro i ribelli, uccisi decine di civili e bambini”. “Trump sconvolto dalle foto dei bei (ha detto proprio bei) bambini siriani decide di colpire l’aeroporto con 59 missili Tomahawk”. “Ergogan si compiace, Khamenei tuona: Assad non si tocca!”. “I ribelli anti Assad esultano dell’arrivo dell’America al loro fianco”. Gentiloni: “I bombardamenti sono motivati”.

Cosa impone il protocollo del giornalismo politicamente corretto? I morti per il gas sarin devono essere addebitati ad Assad, a prescindere i morti per il raid americano classificati “danni collaterali”, inopportuno persino usare le virgolette. Cosa devi fare se non vuoi essere uno scrivano-marionetta? Il minimo sindacale è questo:

  1. Non c’è uno straccio di prova, almeno fino al momento in cui scrivo, che il gas sia stato sganciato da Assad. Tutti gli esperti e i generali interpellati lo ripetono, seppur sottovoce, ma il verdetto è già stato emesso: Assad è il mostro. E se gli pseudo ribelli o gli americani presentassero delle prove, perché dovrei credere che siano vere? Appartengo a quelli che in buona fede credettero a Colin Powell, segretario di Stato di George Bush, eroe di guerra, oltre tutto neppure bianco, quando davanti all’assemblea Onu, presentò “prove inoppugnabili” che Saddam Hussein avesse armi di distruzione di massa. Il mito della sinistra colta, Tony Blair, lo confermò: la guerra da losca divenne Santa perché esportava la democrazia (sic!). Fu uno dei più osceni falsi d’autore della Storia. Una cosa ho imparato, vivendo: le fake news più pericolose sono quelle istituzionali.
  2. Mai crederò che Donald Trump, e la sua caterva di generali (sono gli stessi di Barack Obama), abbiano mandato 59 missili su un aeroporto siriano, perché turbati nel profondo dell’anima alla vista di “bei” bimbi colpiti”.
  3. Le cinque nazioni presenti in Medio Oriente, tre sunnite (Arabia Saudita, Qatar, Turchia), due sciite (Iran, Siria) dovrebbero essere chiamati con il loro nome: “stati canaglia”, come la Corea del Nord. Capisco che non sia possibile, loro hanno il petrolio e i patrimoni personali i leader li nascondono nelle banche anglo-americane.
  4. Quelli che noi chiamiamo “ribelli”, facendoli passare per dei Mazzini islamici, sono criminali comuni, inquadrati in varie sigle, le più conosciute Al Quada e Isis.

Che fare? Da giornalista indipendente mi rivolgo al maggior esperto di Siria al mondo, il professor Joshua Landis della Oklahoma University, che sentenzia: “o sono stati i ribelli, leggi Al Nusra (Al Qaeda) sconfitti sul campo, vogliosi di rientrare in gioco, hanno fabbricato il falso, oppure è stato Assad. Un’unica certezza: non ci sono prove né contro l’uno, né l’altro”. Altra domanda: “Perché Assad avrebbe usato i gas contro un obiettivo non strategico?” Risponde Landis: “Per lo stesso motivo per cui l’America usò l’atomica a Hiroshima e a Nagasaki, città per nulla strategiche: lo fecero solo a scopo dimostrativo (sic!)”. Come finirà? Secondo Landis: “L’unica autorità sul campo è pur sempre Damasco. Non esistono ribelli moderati che possano sconfiggere, in contemporanea, Al Quada, Isis e Assad”. Tradotto: l’America, pur non approvando Assad, non deve transigere: i suoi veri nemici sono Al Qaeda e Isis, loro devono essere distrutti”.

Ci voleva un professore dell’Oklahoma per farmi sentire più tranquillo: in una guerra deve essere chiaro chi è il nemico. Almeno quello.

Riccardo Ruggeri

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