La globalizzazione e il trattore che si guida da solo

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“Il trattore che si guida da solo, i tassisti che protestano contro Uber. L’innovazione stupisce e spaventa”. E’ il bellissimo incipit di uno straordinario articolo dell’amico Alberto Mingardi (La Stampa). Ne consiglio la lettura. Per rispetto verso i lettori devo dire che se Alberto ed io provassimo a declinarlo in termini di “execution” saremmo d’accordo solo in parte, così come immagino che lui condivida solo in parte quello che ho scritto su Verità su “taxi-Uber-governo-élite” o quello sui business strategici come l’auto. Lo dico per sottolineare la difficoltà di trovare sintesi comuni in presenza di una crisi drammatica, di cui pochi hanno la percezione della profondità, e molti praticano ancora un approccio superficiale ad essa. Per esempio, molti confondono innovazione e sviluppo (R&D): per me “innovazione” è solo internet, app e algoritmi sono normale “sviluppo”, per altri, tutto è “innovazione”. Potrei metterci “cittadino versus consumatore”. Visioni diverse del mondo che sempre più divergono.
La Stampa pubblica “Un patto sociale contro i populismi” di Charles Kupchan, nientepopodimeno che assistente di Barack Obama per la sicurezza. Mentre il pezzo di Mingardi è nell’alveo del pensiero liberale più rigoroso, nel quale mi ritrovo, questo di Kapchan è il solito approccio dei talebani del libero scambio: alla fine risultano i peggiori nemici di loro stessi. Sapevano che la globalizzazione avrebbe creato vincitori e perdenti, hanno esaltato i primi, ridicolizzato i secondi: nelle urne sono stati puniti. In parte vero sostenere che la perdita di posti di lavoro è conseguenza dell’innovazione tecnologica e non della globalizzazione. In realtà è il combinato disposto di entrambi, ma il problema non è trovare il colpevole, ma la soluzione, e loro non l’hanno. Questo è il punto, e non si può essere élite senza saper risolvere i problemi. E allora, meschini, attaccano i critici al grido “abbasso ai populisti”, semplificazione che si sta ritorcendo contro di loro.

Kupchan ha sposato la globalizzazione selvaggia, cioè non prende neppure in considerazione un suo riposizionamento nel tempo, si guarda bene dal proporre un compromesso che potrebbe farla accettare alla maggioranza: una rivisitazione intelligente (per esempio, business per business) delle “supply chain” (filiera logistica produttiva e oggi asset ricattatorio dei globalisti) condotta congiuntamente con i rappresentanti di tutti gli interessi in gioco. In caso contrario andremo allo scontro finale (ricordiamoci il 1914).

Kupchan è un banale populista elitario, come Obama. Uno di quelli che danno al termine populismo una connotazione “fascistoide” e quindi la ricevono di ritorno. Non è forse populismo fascistoide il suo quando scrive “Possiamo usare i media e le masse contro i populismi. E li useremo”. Analizziamo questa frase: non dice “alcuni media” ma “i media”, dice “usare le masse”, e noi a chi dobbiamo pensare, a Lev Trockij o a Jorge Videla?

Per alleggerire l’atmosfera di questo Cameo (mi rifiuto di discutere su entità ferite a morte, come globalizzazione ed euro), racconto un aneddoto. Potete sorridere o rifletterci. Anni Novanta, sono ceo di una multinazionale italo-americana, visito un grande cliente del Midwest. Azienda agricola di dimensioni fantozziane, il proprietario decide di sostituire tutti i trattori da lunga distanza, quelli che partono all’alba, in batterie stile carri armati hitleriani nella campagna di Russia, vanno sempre dritti, dopo 10 ore sostituiscono il guidatore, e così avanti fino a notte, poi, indietro tutta. Noi avevamo un super trattore adatto alla bisogna: una potenza mostruosa, poteva supportare una coorte di aratri, con una super cabina climatizzata. Gioiello concepito per ricchi contadini tedeschi e scandinavi. Costoro, quando scendevano dal trattore, alle 17, salivano su una Mercedes “S” e non dovevano accorgersi, in termini di confort, della differenza fra i due mezzi: queste le specifiche tecniche che avevamo usato per progettarlo. Ebbene il farmer, ascoltò la nostra presentazione, fece un ordine principesco, ma li volle tutti senza cabina (abbattendo così il fatturato del 35%) dicendo: “la cabina tenetela per i ricchi europei, ai miei messicani al volante basta una panca e un sombrero”.

Riccardo Ruggeri

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