Il caso Consip è come Big Four di Agatha Christie, ma Renzi non è Hercule Poirot

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Il 4 dicembre 2016 la maggioranza degli italiani aveva detto un No definitivo all’agit prop Matteo Renzi. Purtroppo, gli unici che non l’avevano capito erano lui stesso (umanamente comprensibile, stante il fanciullesco profilo psicologico che si ritrova) e la parte più ideologica dell’establishment (una contraddizione in termini, se sei ideologico non puoi essere vero establishment). Attraverso i Camei (carta canta) avevo posto una domanda: l’establishment punterà ancora su Renzi o cambierà cavallo? Domanda pleonastica, conoscendo i processi mentali di costoro ritenevo probabile che lo considerassero, come dicono loro, ormai out. Anziché saltare un giro, andare a lavorare sul serio (alla sua età persino Gianni Agnelli smise di folleggiare) e rientrare cinque anni dopo, più brizzolato e più maturo, si rilanciò nell’agone. Da quel momento non ne imbroccò più una, il suo destino pare segnato.Per l’establishment il problema è come liberarsene, con eleganza. A un amico che un mese fa mi poneva questa domanda, risposi: metodo Falcone bis, cioè anziché seguire “l’odore dei soldi”, segui “il profumo dei renziani”.

Il giornalismo italiano ha esattamente i problemi che hanno i cittadini di cui raccontano le gesta. Siamo tutti tesi, irritati, incattiviti, divisi, così i giornalisti. Per fortuna ogni tanto, gli editori si distraggono, loro tornano a fare il mestiere di tabui (cane da tartufi), e lo fanno bene. Siano benedetti, quanto abbiamo bisogno di tentativi di verità, di giornalisti d’inchiesta, che vadano a scovare, a scavare fra le nostre turpitudini più nascoste. Quando ciò avviene, i Buddha di regime tacciono.

Non credo ai complotti (è mestiere troppo sofisticato per le menti modeste di quest’epoca storica, dei poveretti che soffrono di ejaculatio praecox comportamentale), certo il caso Consip sembra costruito a tavolino, tanto è perfetto nella sua configurazione: mi ricorda il Big Four di Agatha Christie in salsa tosco-napoletana. L’aspetto curioso è che in questo caso, guardie, ladri, spettatori, sono tutti renziani.

L’uomo chiave di questa vicenda è Luigi Marroni, ad di Consip. Le mie fonti di analisi per scrivere questo Cameo sono le anticipazioni dell’Espresso, il Fatto Quotidiano di ieri, ma soprattutto l’intervista data da Marroni a Fabio Bogo di Repubblica, sufficiente la prima domanda “…. Ingegner Marroni ha mai subito pressioni da Tiziano Renzi?” Marroni: “Posso rispondere solo così: da molti anni occupo posizioni che mi danno potere decisionale, così la gente pensa di chiedermi dei favori, …. Il segreto è uno solo: non fare questi favori, permettere che te lo chiedano, ma non farli …”.

Leggendo questa risposta sono ringiovanito di vent’anni, erano, concettualmente, quelle del protocollo etico non scritto che mi ha sempre guidato per scansare la corruzione. Luigi Marroni è stato uno dei miei collaboratori in una avventura manageriale talmente intensa che ci cambiò, in meglio, tutti. Era una multinazionale con 32.000 dipendenti, stabilimenti in quattro continenti, presente in 140 paesi, tecnicamente fallita, poi risanata e quotata a Wall Sreet. Feci una sola mossa, chiusi il suo mostruoso Quartier Generale, eccessivo e forse corrotto, liberandomi di colpo di tutti quelli che lo componevano, e la gestii con l’aiuto di 56 giovani manager, sparsi nel mondo, “culturalmente” legati a me, a valori e a comportamenti organizzativi originali. Per esempio, in termini di corruzione, trasferii loro questo aneddoto: un paio di volte fecero un tentativo con me, mi limitai a rifiutare, scoprii che il sistema informativo dei corruttori è sofisticato, se ti classificano “non corruttibile”, il tuo destino è segnato: sarai onesto nei secoli dei secoli. Ascoltare, ma non fare, è regola managerialmente corretta, dopo un tentativo di corruzione andato a male costui o scomparirà o diventerà un altro, un vero fornitore.

Come analista, il segnale debole che mi mancava per cercare di raccontare la caduta o la rinascita di Matteo Renzi ora l’ho. Vedremo come saranno penalmente valutate le posizioni dei Big Four, ma di questa vicenda l’aspetto penale è il meno rilevante.

Riccardo Ruggeri

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