Caro Renzi, dia retta all’ingegner Carlo

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Da quarant’anni, da quel martedì di maggio del 1976, quando mi riassunse, dopo avermi licenziato il venerdì precedente, mi considero amico di Carlo De Benedetti. La sua straordinaria capacità di analisi è oggi quella di allora, è cambiata solo la forma, meno brutale, con cui la esprime, l’età lo ha addolcito (è successo anche a me). Rivolto a Renzi ha detto “Se non cambia l’Italicum, voto no”. Sei parole, einaudiane, neppure un aggettivo, il passato è resettato, si riparte da zero. Questa è leadership vera. Siamo appena all’inizio della campagna renziana per il “sì”, eppure io sono già scocciato. Tutti quelli che stanno scannandosi per il “sì” o per il “no”, hanno prodotto una montagna di bugie, dalle quali è praticamente impossibile districarsi. Tutti mentono, in buona o cattiva fede è irrilevante, si fanno sempre precedere dall’orrenda locuzione “discutiamo di merito”. Falso che si sia eliminato il Senato, è lì funzionante, anche se mancano 315 senatori sostituiti da un centinaio di abusivi, ma gli 800 funzionari pagatissimi (280 mln anno) sono tutti lì, una parte delle leggi continueranno il loro ping pong, falsi i 500 milioni di risparmio, etc. etc. Così come è falso che il quesito sia stato manipolato, è esattamente il titolo della legge. Falso che non cambierà nulla, in realtà il rapporto centro periferia dovrebbe migliorare, etc. etc.. Il referendum per agli esperti di comunicazione è diventato un gomitolo di falsità e di verità.

Prendo il tema dalla coda. Mi chiedo, e se questa strategia comunicazionale fosse un gigantesco ballon d’essai? E se l’Establishment avesse cambiato idea, e ora non fosse più interessato, né all’Italicum, né alla legge costituzionale, e avesse deciso di arrivare a un plebiscito secco su Matteo Renzi? L’Establishment (Carlo De Benedetti descrive con lucidità e preoccupazione il contesto internazionale) si è convinto che il temporale in arrivo potrebbe trasformarsi in un uragano di categoria 5 (Katrina, per intenderci), quindi perché non chiedersi: è conveniente puntare ancora su Matteo Renzi? Se vince il referendum alla grande, bene, se perde, avanti uno meno divisivo, e si proceda a costruire l’ultima barriera contro i “populisti”, ricuperando un Berlusconi post tagliando americano, creando un cordone sanitario verso le periferie grilline, con i leghisti respinti in montagna.

Ricordo che Luigi XVI cadde perché non aveva elaborato un worst case . Se tutte le negatività che incombono sull’Occidente, a partire dall’elezione di Trump, si verificassero, che fare? Un Matteo Renzi non vincente alla grande al referendum non può pensare di rimanere da anatra zoppa. Mi chiedo, perché i sostenitori del “sì” siano partiti così in anticipo? Come si possono reggere due mesi di campagna elettorale su un “sì” o su un “no”? Perché l’azzardo di Renzi sul Ponte di Messina? Prima ci si ride, poi riflettendo ci si chiede, perché spararla così grossa? Perché promettere mance a cani e porci? Perché spedire Maria Elena Boschi in Sud America? Concludo: “sarà una strategia sofisticata o mosse disperate?” E’ come se qualcuno avesse detto al Premier: o vinci il referendum alla grande o “you’re fired”.

Mettiamoci nei panni dell’Establishment. Se la crisi diventasse drammatica avere un sistema elettorale ultra maggioritario, on/off, come è l’Italicum comporterebbe un rischio folle, i recenti casi Roma e Torino sono terrorizzanti, molto meglio un sistema proporzionale. Quando il rapporto con il popolo si stressa, il proporzionale è il modello più favorevole per le classi dominanti, avendo in mano tutte le leve burocratiche del potere. Certo, il proporzionale è più faticoso gestirlo, ma almeno sei nella stanza dei bottoni. E quelli delle élite se non sono nella stanza dei bottoni sono morti. Caro Renzi, dia retta all’ingegner Carlo. Noi, a Torino, i sovrani li chiamiamo con il nome di battesimo, preceduto dal titolo, il suo amico Marchionne, per noi mai sarebbe stato dottor Sergio.

www.riccardoruggeri.eu

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