Il primo nodo è arrivato al pettine: il mito infranto di Mark Zuckerberg. Un anno fa pareva proiettato a essere il primo presidente etico-ecologico-digitale degli Stati Uniti, ora è nella polvere analogica. E’ tornato l’iniziale cacciaballe in felpa? Immagino si chieda, cosa avrò mai fatto di male? In tre giorni, da cherubino a diavolo, com’è possibile? “Finora tutti mi hanno esaltato come un genio del bene, ero persino apprezzato per il mio modo fanciullesco di vestire (potrei comprarmi tutti i palazzi di Savile Row, sarti compresi, eppure uso una banale felpa), sono mostruosamente ricco ma sono pure un benefattore dell’umanità, anche se faccio beneficienza secondo canoni miei (non quattrini ma bonus da spendere come pubblicità su Facebook)”. Le virgolette sono fake.
Da anni l’establishment e la politica hanno esaltato un certo modo di fare business: fornire beni e servizi a titolo gratuito in cambio dei dati personali dei cittadini che servono poi per “profilarli” (termine dai significati ambigui e molteplici, persino nazi dicono alcuni). Cosa mai è successo? Che sia tutto banalmente legato all’incapacità strutturale dei dem. americani di elaborare il lutto della sconfitta di The Hillary?
Giusto che Zuckerberg se lo chieda: perché tutto questo è scoppiato solo ora? Me lo chiedo anch’io. Le stesse cose erano (scandalosamente) note, perché già avvenute ai tempi della prima e seconda campagna elettorale di Barack Obama. Già allora ci fu l’adozione a tappeto della tecnica di “profilatura” dei potenziali elettori. La stampa liberal, allora, elogiò queste sue performance “come modo di fare politica, moderno e in sintonia con le emozioni, e non solo con le idee dei cittadini”. Un concetto che si poneva nell’alveo dell’11° Principio della propaganda di Joseph Goebbels (“Portare i cittadini a credere che le opinioni espresse siano condivise da tutti, creando una falsa impressione di unanimità”).
Solo così, si disse, come ovvio in positivo, uno sconosciuto avvocato-senatore di Chicago è potuto diventare Presidente al primo colpo con “zero tituli”. Curiosamente il merito se lo prese il guru Jim Messina, anche se la tecnologia manipolatoria era quella di Facebook. Poi Messina monetizzò il ruolo di guru al soldo di politici celebri (David Cameron, Matteo Renzi, Françoins Hollande). Tre flop, perché? Non lo sapremo mai, è stato tutto resettato.
Sarà mica che lo scandalo sia scoppiato perché in questo caso il guru è un “rep” come Steve Bannon e non un “dem” come Jim Messina? E che “l’utilizzatore finale” sia il buzzurro Donald Trump e non l’elegante Barack Obama? Quelli della mia età sanno che la manipolazione mirata del processo politico, praticata in modo scientifico, è praticata dall’inizio della guerra fredda (o addirittura dall’Atene di Pericle) e gli americani non sono certo meno spregiudicati dei putiniani.
Con il passaggio dall’analogico al digitale questa manipolazione si è banalmente palesata. Messo così questo pseudo scandalo altro non è che aria fritta. Quello che dobbiamo chiederci è se il vento culturale stia cambiando oppure se continueremo a vivere nell’aria condizionata (con il virus Legionella sempre presente) ove gli establishment vogliono relegarci.
Chissà se segmenti meno ideologici dell’establishment occidentale non comincino a rendersi conto dei pericoli che stiamo correndo. E’ nota la mia convinzione che per ora l’unico Ceo capitalism organizzativamente compiuto lo troviamo in Cina (infatti Xi Jinping si è autonominato tiranno, perché questo impone il modello) e quindi ha fatto un decreto per dare una pagella ai cittadini (finora 800 milioni) dopo averli “profilati” a loro insaputa sulla base delle loro interazioni sui social (link, pagine visitate, clic, commenti, risposte, etc.). Tempo fa ci ho scritto pure un Cameo da cui si evinceva che se un cinese scrivesse con la mia nonchalance verso il potere finirebbe dritto in galera.
In Occidente i social sono società private che si sono “impossessate” di infrastrutture pubbliche dove si muovono ogni tipo di interessi sia privati, sia pubblici. E’ la stessa domanda che si pone il professor Lorenzo Castellani su List. Torno a rifugiarmi nella mia fanciullezza quando la prima parola straniera che imparai fu Achtung, achtung!. E il primo manifesto che vidi diceva “Taci, il nemico ti ascolta”.