Sul terrorismo salafita
l’unico che ci capisce qualcosa
è il capo di James Bond

Il 14 luglio non è solo l’anniversario della presa della Bastiglia, non è solo la festa nazionale francese, non è solo un alto riferimento culturale per l’Occidente. Per molti di noi, è sì un giorno come gli altri, ma chissà quanti ricordi indimenticabili suscita. E ti chiedi, golosamente: potrò ripeterlo quel giorno?
Il protocollo di ieri, del dopo Charlie Hebdo, del dopo Bataclan, ora del dopo Nizza, è sempre lo stesso. Il tempo dedicato all’omaggio alle vittime non può superare le 24 ore, arriva il ministro dell’Interno, si riunisce il Comitato per la sicurezza, dichiarati tre giorni di lutto, Hollande arriva a Nizza, telefonate di circostanza dei G6, ospedali e prefettura, solita conferenza stampa, identica alle altre, marsigliese d’ordinanza, rientro mesto a Parigi.
Lessi tempo fa l’intervista a un ex capo dei servizi segreti svizzeri, Peter Regli, che calcolò in 20-25 agenti la necessità per controllare un solo individuo sospetto 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Impossibile difendersi, disse, tenendo conto che solo i salafiti censiti come potenziali terroristi sono migliaia. Ha ragione, impossibile.
Il pensiero rivolto alle vittime vale solo per il primo giorno, poi la libertà di chiacchiera e di scritto può scatenarsi, i temi sono sempre gli stessi, sempre con soluzione incorporata, noi ci spacchiamo, come al solito, in due poli opposti, buonisti e populisti. Ecco allora: “guerra di religione sì/no”; “non sono islamici ma francesi”; “no, solo gli islamici uccidono gli inermi”; “la grande maggioranza dei musulmani sono laici o tiepidi”; “sì, ma…”; “urlano Allah è grande, ma non sono religiosi”; “sì, però …”; “è un problema di integrazione”; “loro non vogliono integrarsi”.
Se appena approfondisci l’analisi, cogli la caratteristica di quest’epoca dove la cultura del politicamente corretto prevale sull’execution, le chiacchiere sul fare, noi delle classi dirigenti siamo diventati progressivamente eunuchi: a parole, in Parlamento, nei talk, al bar, risolviamo tutti i problemi; in pratica ci limitiamo a rimandarli.
Mi rifiuto di ripetere le solite frasi fatte che si usano ogni volta. Meglio commentare che cosa dicono gli esperti e i politici. Sono gli unici che hanno un privilegio raro per noi umani: loro hanno certezze, le hanno su qualsiasi  argomento, persino su come abbattere il terrorismo islamico. Le loro ricette risolvono automaticamente sia le complessità che la casualità degli accadimenti sociali, loro tutto spiegano, e tutto torna, e se non torna lo fanno tornare con l’ausilio di storytelling acconce.
Pochi hanno l’umiltà del dubbio. Mentre scrivo questo pezzo non è neppure detto che il terrorista sia un uomo Isis, anche se dopo la strage nelle banlieue francesi i simpatizzanti del Califfato hanno festeggiato. A tutt’oggi, siamo ancora al dilemma: sarà un terrorista islamista travestito da camionista o un camionista travestito da terrorista islamista?
Alcuni studiosi, in verità pochi, hanno una teoria suggestiva, non è in atto alcun scontro di civiltà fra l’Occidente cristiano e l’Islam. Semplicemente sunniti e sciiti si odiano, lo fanno da 700 anni, e vogliono scannarsi in pace, noi occidentali vogliamo inserirci in questa lotta mortale che non dovrebbe riguardarci. Perché, dicono, non sfilarci dal Medio Oriente? Comunque una cosa è certa, fra qualche tempo, tutti ripeteremo pensosi: “Costoro vogliono farci cambiare il nostro stile di vita, non lo permetteremo mai”. È falso, e noi mentiamo, sapendo di mentire.
Chiudo riportando una vecchia intervista (marzo scorso) di sir Richard Dearlove, ex direttore dell’MI6, per intenderci il capo di James Bond. Costui, profetico, si augurava la Brexit “perché UK avrebbe tutto da guadagnare in termini di sicurezza del Paese: a) non dovrebbe dipendere dalla Convenzione dei Diritti dell’Uomo (sic!); b) acquisirebbe un maggior controllo sull’immigrazione dai Paesi europei (sic!); c) avrebbe la possibilità di deportare (sic!) i terroristi acquisiti o potenziali”.
Metodi duri, ma gli inglesi dicono: “Salvo che dai Romani, noi, grazie a questi principi, fummo invasi una sola volta, nel 1066, quando i Normanni batterono i Sassoni nella battaglia di Hastings. Nessun altro ci riuscì, né la Spagna, né Napoleone, né Hitler. Il nostro nemico è Isis, come è il vostro, però noi preferiamo batterlo con i nostri metodi”.

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