Posso dire che di Silvio Berlusconi so molto, pur essendo uno dei pochi in Italia che non l’ha conosciuto personalmente. Avevamo un amico in comune, molto importante, che per anni ha lavorato a suo stretto contatto. Da giornalista parvenu ho raccolto, nel tempo, tutta una serie di informazioni e di aneddoti, anche se poi, in gran parte, sono divenuti noti al grande pubblico. Su di lui ho scritto molti Camei che, attraverso il comune amico, gli facevo pervenire in anteprima, spesso sotto forma di lettera aperta, pregandolo però di non rispondermi. Facile quindi per me comporre un suo profilo. Lo confesso, e spero che da lassù non se ne abbia a male, più che a lui in questi anni sono stato interessato alla volgarità dei suoi nemici.
L’amico mi confermò che la frase spesso ripetuta da Berlusconi “Tengo sempre una fotografia di Gianni Agnelli sul comodino” non era una vanteria ma era vera, e questo aspetto, per me incredibile avendo ben conosciuto l’Avvocato, l’aveva connotato ai miei occhi come un parvenu piccolo borghese. E parvenu piccolo borghese lui lo è stato per tutta la vita, immagino a sua insaputa, in quanto si era convinto di essersi effettivamente incarnato in un sovrano. Il Sovrano dei parvenu.
Friedrich Nietzsche definì, una volta per tutte, questa caratteristica in modo sublime: “Filosofia del parvenu. – Se per una volta si vuol essere una persona, si deve onorare anche la propria ombra”.
Non sono in grado di dire se Berlusconi seppe onorare o meno la propria ombra, essendo stato pure io, anche se solo per una ventina d’anni, un parvenu di alto livello. Però io mantenni intatta la mia impronta contadino-operaia, quindi la scaltrezza e il sano disprezzo che i poveri di successo hanno verso i ricchi e i potenti imbolsiti.
Con il tempo, vivendo con costoro nelle loro stanze dei bottoni imparai le tecniche usate per distruggere i nemici di quelli che l’amico Angelo Codevilla chiamò “Ruling Class”. Costoro, ne ero certo, avrebbero usato contro di lui ogni mezzo, lecito o illecito (non c’è nulla di illecito per quelli convinti di essere loro la verità, loro la legge, loro la giustizia), per distruggere un “liberto” come lui. E così fu, peggio, lo sfruculiarono fino alla morte.
Infatti, nella sua follia erasmiana lui pretendeva di diventare Console, attraverso un voto popolare della Plebe, bypassando il Senato. Capite? Eletto dai plebei alla suprema magistratura! Un autentico pazzo furioso, quindi da accantonare prima e da spegnere poi, ad ogni costo.
Gli scatenarono contro le loro truppe cammellate di parvenu doc, quelli allevati all’ottusa obbedienza e alla sinistra ferocia sessantottina: magistrati ultras, giornalisti di palude, accademici depressi, intellò mantenuti, artisti meschini.
Fu sconfitto, condannato, “imprigionato” in un centro anziani (il massimo dell’umiliazione), esposto al perenne pubblico ludibrio. Anche ora, a cadavere caldo, lo è stato. Ma ora i fascicoli giudiziari dovranno essere chiusi, il fiele andrà a scadenza. E’ finita. Lui non ha vinto. Ma loro hanno perso.
Divenuto l’ombra di se stesso, da “uomo ombra” se ne è andato. Verrà dimenticato in fretta, anche perché i suoi ignobili nemici, osservateli come invecchiano in modo turpe, sono dei morti che camminano.
Una prece, affettuosa.