L’amico Goffredo Pistelli ha intervistato, per Italia Oggi, Marco Taradash. Ne è uscito un gran pezzo, con titolo puntuto: “O libera il Pd o si libera del Pd” (Il dilemma della vita per Matteo Renzi). L’ho trovato perfetto per questa nebbia d’agosto che, come cipria, ci nasconde gli uni agli altri. Immaginavo fosse un’intervista per dare suggerimenti politici a Renzi, atti ad un suo futuro ritorno a Palazzo Chigi, ma al di là della sintesi estrema, che condivido in toto, di operativo non ho trovato altro, se non un’analisi interessante del contesto; e dei sogni tipici di chi mitizza un mondo in via di scomparsa e leader dei quali ci si innamora, ma che subito deludono. Mi riferisco al mondo cosiddetto liberale, il mio, termine che ormai è diventato una maglia bernarda, dalla quale è facile per chiunque entrare e uscire senza pagare pegno.
Preferisco allora rivolgermi direttamente a Renzi per dare anch’io, da liberale nature e per quel che vale (nulla), un suggerimento. Caro Renzi nessuno osa dirglielo, stante il suo brutto carattere, ma lei ormai è fuori dal giro che conta (lo scrivo dal 4 dicembre, perché conosco quel mondo: “se cadi ti calpestano” si diceva nella Lunigiana contadina dei miei nonni). Le consiglio di tenersi stretto il Pd, ormai è suo per usucapione, spinga fuori tutti quelli non disposti a baciarle la pantofola (è doveroso che lo facciano). E Cien años de soledad se lo legga Dario Franceschini in originale, mentre toglie il disturbo. L’establishment aveva puntato su di lei nella convinzione di farne il Tony o il Bill de noaltri, cioè uno che portasse pregiati voti di sinistra per fare silenti politiche di destra.
Lei, in buona fede, si era persino innamorato di David Serra, di Sergio Marchionne (si dice che vengano in Italia poco e di nascosto), lei ce l’aveva messa tutta, Tony Blair (ricco, ma ormai bollito) era venuto persino a mangiare la pizza e il gelato di Grom per darle l’imprimatur della mitica terza via, poi l’invito di Barack Obama alla Casa Bianca, (fu il bacio della morte). Ma la sconfitta al referendum è stata la sua fine. Ricordo l’analisi di un amico, liberale anche lui of course, che quella notte anticipò il futuro: “La primavera 2017 sarà per Renzi l’ultima data utile per tornare al potere, però da vincitore di elezioni anticipate”.
Quella finestra non si è mai aperta, fra poco sarà autunno. L’establishment non ha ancora scelto su chi puntare (pensi lei, si sono ridotti a osservare Marco Bentivogli: lo trovo stucchevole nei suoi verbali eccessi liberisti) ma il candidato di sistema alla fine sarà Carlo Calenda pare unto dal Signore. Purtroppo noi liberali abbiamo sempre lo stesso problema: nelle chiacchiere, nei talk, negli articoli di fondo, nei libri, nel disegnare salottiere strategie, siamo i più bravi, però nella cabina elettorale ci sgonfiamo come un sufflè: nessuno ci vota, non perché gli italiani siano idioti (come noi pensiamo) ma semplicemente perché di noi non si fidano.
Posso dirlo (sottovoce) dall’alto dei miei anni? Nella loro ignoranza (presunta), temo abbiano ragione gli elettori.
Riccardo Ruggeri