Il referendum “No Billag” in Svizzera ci sarà da guida per la Rai 2.0

Suggerisco agli studiosi di comunicazione, di modelli politico-organizzativi, di quello che chiamo Ceo capitalism, di venire in Svizzera per capire il referendum “No Billag” che si terrà lo stesso giorno delle nostre elezioni politiche, il 4 marzo 2018. Sono state 112.191 le firme valide depositate per dire Si all’abolizione del canone radiotelevisivo (Billag) per le emittenti radiotelevisive, titolari di una “concessione con mandato di prestazione”. Nel dicembre 2015 inizia l’iter di “No Billag” contrastato dal governo, dal parlamento, dai cantoni, dai principali partiti, possiamo dirlo dalle élite di ogni ordine e grado. Dibattiti, polemiche feroci, scontri, ma nell’ottobre 2017 il Consiglio federale è costretto a fissare la data del referendum. Lo vuole il popolo.
Che sia un referendum “strategico” per la Svizzera non ci sono dubbi, lo dimostra la grande battaglia, in gran parte sotterranea, fra il “sistema politico-economico” di vertice e il popolo, di cui è impossibile, al momento, capire l’orientamento. E’ poi curioso che le tv private svizzere, che ricevono pure loro sussidi pubblici, siano a favore del mantenimento della SSR (la Rai svizzera), quindi anche loro faranno campagna per votare No a “No Billag”.
I sondaggi dicono che i giovani sono a favore del No Billag ma sui risultati finali tutti auspicano ma nessuno ha certezze, come sempre succede in Svizzera. Al solito dipende dal mix dei votanti e dal numero dei votanti stessi. Pure i “liberali” (in senso lato) sono in difficoltà, ipotizzando la vittoria del Si al “No Billag”, si chiedono cosa succederebbe nel caso della scomparsa di SSR. Vediamo alcuni numeri “bulimici” di SSR: 7 canali tv, 17 stazioni radio, decine e decine di siti web, 42 canali You Tube, 108 account Facebook, 54 Twitter, 32 Instagram. Tempo fa la ripartizione del mercato era: a) rotative e pubblicità agli editori della stampa cartacea; b) tv e radio a SSR. Dopo l’arrivo di Internet, SSR si è dotata della più imponente redazione on line del Paese (srf.ch) che offre gratis (meglio a spese della collettività) un servizio in concorrenza con gli editori privati. Ovviamente questo non è servizio pubblico. Poi ci sono (sic!) i 6.000 dipendenti (gli svizzeri sono 8 milioni), il cui salario medio è di 107.000 franchi (superiore a quello della piazza finanziaria).

Sembrerebbe ovvio cancellare questo “carrozzone” ma trattandosi di un paese multiculturale, multilinguistico, confederale, “No Billag” viene percepito da una parte della popolazione come contrario all’idea federalista della Svizzera. In effetti, SSR restituisce e amalgama la sensibilità dei diversi Cantoni, garantisce una televisione di alta qualità, diffonde cultura. Il canone è sì di 451 franchi ma nessuno sente il bisogno di canali tematici tipo Sky (che costerebbero ben di più). Gran parte dei Cantoni, specie i non tedeschi, sono contrari a “No Billing” perché perderebbero occupazione e visibilità. D’altro canto, se pure il referendum fosse bocciato, SSR dovrebbe ripensarsi in modo radicale, il suo modello vecchio di 80 anni, fa acqua da tutte le parti. Sarà per questo che SSR si è rifiutata di studiare un’opzione alternativa e si è messa in un’ottica radicale, o la va o la spacca: “No Billag uguale No SSR”. Gli svizzeri sono in un bel cul de sac, solo la democrazia diretta può sciogliere il nodo.

Via via che il dibattito si è fatto più profondo, è emersa la motivazione che credo più vera, quello che un vecchio liberale nature (élite svizzera colta e intelligente) come Tito Tettamanti chiama “il monopolio della pretesa oggettività”. Credendo di conoscere un pochino l’America, confesso che quando ascolto il resident SSR a Washington provo lo stesso imbarazzo (modo elegante per dire repulsione) di quello che mi trasferisce la sua collega Rai da New York, quello di una visione tendenzialmente unilaterale della realtà, quindi tendenziosa per definizione e per prassi. Costoro appaiono tanti “tappettini dem” che declinano il verbo del Nyt, del Washington Post di Bezos, peggio del New Yorker. Tettamanti ci spiega il perché. Mentre in Svizzera tutte le sinistre, rosa, rosse, verdi, estreme, salottiere, radical chic valgono sul mercato elettorale meno del 30%, i giornalisti di SSR sono nella quasi totalità di sinistra o di estrema sinistra. E, come in tutto l’Occidente, hanno la presunzione di essere i più bravi, di avere sempre ragione, perché non accettano il primo articolo della democrazia liberale: la realtà è prismatica.

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