Come residente all’estero ho già votato, e vi dico che la scelta è pro o contro Renzi.

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Mi riconosco nella maggioranza silenziosa degli italiani, quella maggioranza che vota-non vota, alcuni indecisi fino alla fine: è il mio mondo. Politicamente non sono né renziano né anti, così come ieri non ero né berlusconiano né anti, sono rimasto un liberale che mai ha cambiato casacca, sono invecchiato sereno. Come residente estero ho già votato, ma ho sofferto tanto. In primavera non avevo alcuna idea se farlo o meno. Se ci fosse stato un referendum per il Titolo V, compreso Cnel, avrei votato Si, se uno per il Senato, purché lo chiudessero, avrei votato Si. Come legge elettorale, invece sono rigido, niente loschi maggioritari: proporzionale puro e (tanti) referendum popolari senza quorum (modello svizzero). Quando la crisi è strutturale c’è bisogno di politica e di pace sociale per poterla affrontare, non di esaltati con ricettine ideologiche incorporate (spesso fallimentari).Non andò così, il Senato non fu chiuso, peggio, con l’utilizzo di transfughi, raccattati negli angoli più bui del palazzo, nacque un ridicolo catafalco: l’Italicum, un mix fra l’Acerbo e il Porcellum. Piombai in una crisi esistenziale. Per fortuna mi venne in soccorso Matteo Renzi. Inopinatamente, senza che gli fosse richiesto, enunciò un dictat: “Se vince il No esco dalla politica”. Fece un discorso nobile, alto, per la prima volta ero certo della sua sincerità (lo confermava il linguaggio del corpo). Capii che avevo sbagliato a giudicarlo un cacciaballe, crederlo il solito ircocervo, metà Rutelli, metà Bersani, invece no, era un vero uomo di stato. Allora decisi di abbandonare il criterio del combinato disposto e votare ad personam, quindi un Si, a lui.

A metà agosto, avevo appena avuto la proposta di diventare editorialista della “Verità”, quando lessi su un raffinato settimanale un’anticipazione: “Belpietro tornerà in edicola alla testa di un gruppo di scissionisti in uscita dal quotidiano feltriniano, in testa il rompiscatole del giornalismo italiano Gianpaolo Pansa. Altisonante la testata, di sovietica memoria: La Verità. E sarà subito No”. Mi piacque il riferimento alla Pravda, al verso di Salvatore Quasimodo. Della squadra conoscevo solo Stefano Lorenzetto, da sempre un uomo libero, mai un transfuga. Ma sul serio Verità era per il No? Con il direttore Maurizio Belpietro al telefono ero stato chiaro, ho una mia linea editoriale, solo a essa mi attengo, lui convenne, a me bastava.

A togliermi dall’imbarazzo ci pensò proprio Renzi: ”Sia vinca il Si, sia vinca il No, non mi dimetto”. Lo statista che avevo apprezzato (“Se vince il No smetto di far politica”), si era afflosciato. Amici “vicini a Lui” mi assicurarono però che era un dictat che aveva dovuto subire da certo Jim Messina. Mi dissi, se lo sostiene uno che vale così tanto (400.000 € per quattro bisbigli) forse è giusto votare Si. Poi tutti i maggiori esperti di economia e di business disegnarono scenari catastrofici nel caso del No, peggio di Brexit ululavano. Fra loro c’era un parterre di finanzieri, di supermanager, di prestigiosi editorialisti, di pecore Dolly del giornalismo liberal (NYT, FT, Economist). Persino Obama, seguito da Merkel, Juncker (!) entrò con piedi a martello per il Si. Erano un’accozzaglia di individui che ben conoscevo: mi buttai sul No.

Poi la minoranza dem, celebri personaggi dell’establishment, un grande editore amico, alzarono la voce: “Voteremo Si, ma solo modificando l’Italicum”. Renzi disse: “Cambierò l’Italicum”. Bè, mi dissi, allora è fatta, il Si aveva ripreso il suo posto sulla punta della mia matita copiativa.

Nel prosieguo ho ascoltato i dibattiti “Renzi contro tutti”, ho preso nota che uno chef con sifone sottobraccio lascerà l’Italia se vince il No (a cosa può portare l’eccesso di roux), insulti orrendi, vagonate di bugie, ho deciso: basta, mi rifiuto di ragionare sul merito, seguire i mestrui di celebrità più o meno tali. Non intendo votare No a prescindere, ma neppure essere definito “accozzaglia” se lo facessi. Come uscirne? Voterò, come la maggioranza silenziosa, per l’uomo: a favore o contro Matteo Renzi. Come residente all’estero, ho letto il suo messaggio personale (nessun premier mi aveva mai scritto), ho preso la scheda, ho votato. L’eccitazione, come d’incanto, è sparita. Ora, sono sereno. Essendomi indifferente il quesito (fuffa) mi è indifferente il risultato.

Riccardo Ruggeri

 

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