A Bratislava i 27 non hanno affrontato il problema dei migranti, confermando, de facto, la strategia dei «muri», chiudendosi ognuno dentro i propri confini terrestri, lasciando aperti solo i pertugi del mare libico, consegnando così, implicitamente, il cerino acceso all’Italia. Giustamente Matteo Renzi si è irritato.
Il tema immigrazione ora è chiaro, tutto il castello di furbate, di sconcezze intellettuali, di chiacchiere, che hanno alimentato gli infiniti vertici europei, e i nostri dibattiti salottieri e tv, hanno trovato il loro posto nel Grande gioco di ottocentesca memoria. Il Grande muro, il più costoso confine psicologico della storia (6 miliardi di euro), nato grazie allo sconcio accordo Merkel-Erdogan, sta funzionando, il canale balcanico è secco. Sono nati altri muretti fra Turchia e Grecia, fra Ungheria e Serbia, fra Ungheria e Croazia, fra Francia e Regno Unito, tutti figli del primo muro Ceuta-Melilla degli anni Ottanta.
Se l’Europa vuole, come pare ormai chiaro al di là del politichese, isolarsi dai flussi migratori provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, dovrebbe costruire l’ultimo muro, quello marino, sulle coste libiche, fisico o psicologico. Invece, oggi tutti quelli che tentano la traversata sono protetti dalla legge del mare (sacrosanta), impeccabile la nostra Marina militare. Il premio Nobel per la pace non dovrebbe sfuggirci, rendendoci orgogliosi, presidentessa Boldrini in testa.
Di migranti ne arrivavano, ogni anno, oltre 150.000, la maggior parte non rimaneva, attraversava la frontiera al Brennero, gli austriaci chiudevano un occhio perché sapevano che erano in transito verso Nord. Così i francesi a Ventimiglia, certi che sarebbero andati in Gran Bretagna o nei Paesi nordici. Gli svizzeri applicavano la Convenzione di Ginevra sui rifugiati (sì ai siriani, no agli immigrati economici).
Così, aggirato il trattato di Dublino, le nostre élite pontificavamo sull’accoglienza. Un giorno la signora Merkel, desiderosa di diventare una statista e pure, già che c’era, vincere le elezioni per la terza volta, pronunciò il mitico «venite! venite!» (chissà se sapeva che era un album degli Almamegretta, gruppo che mixa musica rock, reggae, dubstep e canzoni napoletane). Nostrani casali, salotti, talk, impazzirono di gioia, gioia intellettuale of course, allora i migranti non erano ancora arrivati a Capalbio (con il conseguente imperdibile «noi non siamo razzisti, ma…»).
La risposta dei migranti a Frau Merkel fu entusiasta, in pochi mesi si superò il milione di arrivi, al punto che i tedeschi stavano per cacciarla con i forconi. Allora la statista, con atto politicamente vigliacco, si rimangiò tutto, si accordò con il sultano Erdogan, i migranti furono rinchiusi nei campi di concentramento turchi, nel silenzio di tutti. Da allora è una ex statista, a ogni elezione parziale la puniscono.
Ora, imbullonate le fasce esterne, spagnola e turca, resta l’ultimo pertugio centrale: il Mediterraneo. Sono pronti a partire verso l’Italia 250.000 migranti commerciali, numeri dell’Onu, non di Matteo Salvini. E l’Italia? Con il cerino acceso. Gli immigrati del 2016, e quelli che arriveranno, saranno, loro e nostro malgrado, prigionieri, visto che sono rifiutati da tutti i Paesi d’Europa e i confini murati. Giustamente si sentono topi in trappola, noi li prendiamo a Como o a Ventimiglia, li portiamo in Puglia, scappano, tornano a Como, a Ventimiglia, li riprendiamo, e così all’infinito. Siamo diventati, nostro malgrado, i loro secondini. A questo è ridotto un nobile Paese, per losche decisioni europee e nostra serena insipienza.
Con questo scenario, è importante capire se c’è un piano B del governo. Studiando da anni le nostre élite, mi pare che non sappiano uscire dallo schema che le connota da sempre, la chiamo «cultura della durezza nel cedimento». E Renzi? L’hanno lasciato solo, nessun aiuto dall’Europa, dall’Establishment, dalla Chiesa, dai media, non parliamo poi delle coop rosse, bianche, nere, che con i migranti s’ingrassano.
Com’è cambiata l’Europa in 60 anni! Quando ero un adolescente e frequentavo la terza media, il sabato mattina sfilavamo contro gli imperialisti franco-inglese (!), li invitavamo a lasciare le colonie, gridando: «L’Africa agli africani, l’Europa agli europei». Allora i benpensanti azionisti torinesi ci prendevano per rivoluzionari idioti. Chi l’avrebbe mai detto che erano loro gli idioti e noi l’avanguardia di una politica che sessant’anni dopo sarebbe diventata il sogno segreto dei benpensanti 2.0.
Questi non sanno più come uscire dall’inghippo nel quale si sono asserragliati. Anche loro, ora, vorrebbero chiudersi negli attici e nei casali, urlando: «L’Africa agli africani, l’Europa agli europei», ma si vergognano. Aspettiamo sereni, tanto il finale è scritto.
Riccardo Ruggeri