Facebook smentisce se stessa. Dopo essere stata scoperta con i piedi nella marmellata, per ricuperare un minimo di credibilità ha gettato nella mischia il CTO (sarebbe il CEO della tecnologia, il guru supremo, Mike Schroepfer). Questi ha confermato che la ormai mitica Cambridge Analytica potrebbe aver avuto accesso a 87 milioni di utenti della propria piattaforma, contro i 50 finora ammessi. Il candido Mike lo ha confessato, en passant, mentre annunciava nuovi mirabolanti giochini per proteggere meglio i dati personali degli utenti. A questo pezzo da 90 se ne è aggiunto un altro, Erin Egan, che ha messo addirittura per scritto una excusatio non petita definitiva “Non venderemo mai le informazioni dei nostri utenti a nessuno. Infatti, già da tempo abbiamo imposto ai nostri partner esterni severe restrizioni sull’utilizzo e sulla divulgazione dei dati”. Tutto vero, peccato che, come succede nel magico mondo delle fake news istituzionali, non abbia aggiunto “da quando”. Ebbene il vincolo è diventato operativo solo due anni dopo aver superato la soglia mitica del miliardo di utenti. Come si vede sono dei birbanti matricolati, ma pure ingenui, non hanno capito che nel mondo di internet prima o dopo la verità viene sempre fuori.
Per ora non mi esprimo su come finiranno gli studi sull’effettivo valore del “micro targeting” da parte dei grandi investitori pubblicitari, e neppure se queste valutazioni si assoceranno alle minacce di Unilever (“Basta pubblicità se non diminuiscono violenza e fake”). Saranno solo tuoni di un futuro tornado a bassa intensità o sarà un tornado devastante?
Le lobby della comunicazione planetaria ci spiegheranno che sono banali scivolate, assolutamente ovvie in una fase di crescita impetuosa, condito dallo stucchevole bla, bla, bla, sul meraviglioso futuro digitale che ci attende, la società aperta, etc. etc.. Nessuno ricorda che il modello di business di Silicon Valley si è sempre basato su alcuni presupposti: il consumatore prima del lavoratore, lo stile di vita prima della vita, il pervicace rifiuto di pagare le tasse, la lobbying sfrenata a fin di male, la menzogna come strategia. Come apparirà Facebook dopo questo scandalo che diventerà infinito come quello global-sessuale dell’armata radical chic del #MeToo ?
Per chi, come me, studia le Big Five da anni, questo scandalo non ha aggiunto nulla di nuovo all’analisi: Facebook era una banale fake company, ubicata in una banale Fake Valley prima e tale è oggi. Aspetto il finale di un altro gioiello della Fake Valley: Tesla. A Wall Street, Tesla capitalizza il doppio di Ford, eppure nel 2016 Ford ha venduto 6 milioni di auto, ha consuntivato utili per 7,6 miliardi $, ha in cassa 12 miliardi $. Tesla ha venduto 100 mila auto, perso 2 miliardi $, ha cassa per tre mesi; come dice il professor Angelo Codevilla si è sviluppata grazie a ricchi finanziamenti pubblici propinati da Barack Obama. Entro tre mesi il “visionario” Elon Musk o avrà una visione o sarà bancarotta. Chi scucirà i quattrini? Aspettiamo, sereni.
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