Ritengo di sapere più di teatro che di politica, quindi sulla vicenda Emmanuel Macron versus Luigi Di Maio preferisco riferirmi al drammaturgo francese André Roussin, secondo il quale la differenza fra “farsa” e “vaudeville” è che la prima è dominata dall’ingiustizia, la seconda dall’errore. Ogni lettore faccia la sua scelta privata sui due.
Si prenda però atto che Emmanuel Macron risale nei sondaggi, dal miserabile 23%, nel quale era sprofondato in dicembre, durante i sabati in giallo, ora è a quota 30%. Come ha fatto? Semplice, si è travestito da sovranista (i francesi ci riescono bene), oggi il sovranismo “tira” più del mondialismo. Ha smesso gli abiti del bonapartista, ha smesso di credersi Bernard-Henri Lévy (ci vuole una vita per saper indossare la camicia bianca con la sua nonchalance), ha smesso di circondarsi di bulli da banlieue (vedi Alexandre Benalla). Con la confessione “Benalla non è il mio amante” ha bloccato la discesa della sua popolarità: i cittadini hanno apprezzato l’autoumiliazione personale che Monsieur le Président si è inflitta. Sul volto marmoreo di Brigitte è ricomparso un sorriso, furtivamente i due hanno ripreso, in pubblico, a darsi la manina. A questo punto i francesi l’hanno pesato: Macron non merita una rivoluzione, è solo un François Holland più giovane, lasciamolo lì fino alla scadenza.
Curiosa la sua scivolata di voler tassare i vecchi diesel per facilitare l’acquisto delle automobiline elettriche ai suoi amici fighetti del XVI°: atto di assoluta incompetenza. Così sono apparsi i gilet gialli (per lui, dal nulla) e la rete si è inventata la pasionaria bretone Jacline Mourand. Costei, ricordiamolo, vive con 800 € mese, appena 20 € sopra al nostro reddito di cittadinanza (sic!). La tassa è stato un gigantesco errore politico che dimostra l’insipienza di queste élite cosmopolite, si credono competenti e invece conoscono solo teorie, e spesso queste sono o ammuffite o assimilabili alle scie chimiche.
Non conoscono nulla del magico mondo (markettaro) dell’elettrificazione dell’auto. Per ora non esiste, è una scia chimica. In termini di execution siamo lontani dagli obiettivi. Nulla succederà fino a quando qualcuno non scoprirà la “Penicillina dell’elettrico”, cioè inventarsi qualcosa che faccia aumentare la “densità” (misurata in megajoule per Kg) delle batterie attuali fino al valore (attuale) dei carburanti fossili. Solo quel giorno nascerà l’auto elettrica, e pure gli aerei elettrici con batterie potranno finalmente alzarsi in volo e le navi a batterie non affondare più, per il peso. E Macron che ti fa? Cancella l’idiota aumento di 6,5 centesimi sul diesel, poi, per ricuperare credibilità, ha distribuito a pioggia 6-7 punti di Pil. Quindi, dismesso l’abito bonapartista, ha aperto un grande dibattito nazional-sovranista, arrivando a invitare all’Eliseo il “sinistro” Jean-Luc Mélenchon e la “fascista” Marine Le Pen.
Luigi Di Maio, accompagnato dal suo socio caraibico, ha preso il primo Flixbus per la Francia e si è incontrato con una delegazione di gilet gialli. Pura idiozia politica di un vice premier degno di questo ruolo. Ha così, inopinatamente, alzato la palla a Macron. Questi aveva tante opzioni per assestare un duro colpo ai due sprovveduti e alla “lebbrosa” Italia. Invece, ha scelto l’opzione peggiore per lui: il richiamo dell’ambasciatore a Roma (sic!). Nessuno gli ha spiegato che quando richiami l’ambasciatore, subito dopo le cannoniere devono salpare da Tolone e puntare dritte su Fiumicino. Il problema gli si è subito ritorto contro. Quando richiami l’ambasciatore e non fai la guerra il problema diventa tuo, non dell’Italia. Come farlo rientrare a Roma, senza perdere la faccia? Questo è ora il suo problema.
Comunque alla fine della sceneggiata Luigi Di Maio perderà un altro paio di punti, Macron ne guadagnerà un paio, i gilet gialli francesi, venuti a Sanremo per manifestare (sic!), torneranno con la coda fra le gambe in Francia. Infine, Matteo Salvini masticherà amaro perché Macron, non avendo avuto Claviere, non prenderà la decina di migranti della Sea Watch sui quali si era impegnato, ma solo alcuni (se lo fa, sarebbe un atto miserabile). Il povero Di Maio verrà squalificato per tre turni, come Zinedine Zidane, scontandoli quando cesserà di essere vice premier e tornerà al San Paolo da cittadino comune.
Su questa arlecchinata chiedo solo: “Giù il sipario!”
riccardoruggeri.eu