L’ANNO DEL RISIKO DELL’EDITORIA E’ COMINCIATO

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Il nostro cenone di Capodanno, a due, è iniziato alle 19 e si è concluso alle 20,15, in tempo per indossare una camicia bianca, una Marinella granata anni ’70, una giacca blu, e ascoltare, compunti, il discorso del Presidente Mattarella. Il menu elaborato da Samuele (ristorante Italia di Castel Vittorio) era identico a quello di Natale salvo, in luogo della gallina bollita, la capra bima (vergine), con i fagioli di Pigna: piatto principe della cucina occitana. Amici di Piacenza ci hanno regalato un centro tavola con fiori freschi: ha colorato la nostra serata. Comunque, posso confermare che, anche questa volta, neppure un euro è uscito dalla provincia di Imperia.

Ho ascoltato, in religioso silenzio, il discorso del Presidente, nulla da commentare. Temo che il format sia stanco. Impossibile trovare, in 15 minuti, una sintesi che suoni autentica in un Paese che dopo trent’anni di Ceo capitalism (un modello economico, politico, culturale per sua natura divisivo, che sta portando allo smantellamento della classe media, alla precarizzare degli ultimi, all’eliminazione dell’ascensore sociale, per arricchire quattro sociopatici californiani-cinesi) possa ricomporsi in una notte. Il Paese degrada, come tutti gli altri paesi europei, fingiamo che vada tutto bene, ma non è così.

Non stiamo solo invecchiando, stiamo decadendo, perdiamo i pezzi. E non vogliamo dircelo. Difficile fare l’arbitro fra forze contrapposte, ognuna convinta di essere nella ragione. Per quel che vale (nulla) per il prossimo anno suggerirei un format ove il Presidente sia il Nonno saggio del Paese, racconti i problemi che ha avuto, cosa si propone per l’anno a venire. Semplicità, umanità, fiducia consapevole: lui ne ha le capacità. Che bisogno c’è delle staff quirinalizie che pesano ogni parola con il bilancino rendendo qualsiasi discorso sciapo? Bastano degli appunti suoi scritti a mano, e via. E noi cittadini, visto il contesto, chiediamoci: noi che facciamo per il Paese? Io ci provo.

Due anni fa, proprio in questo periodo, l’indice Gleason del mio carcinoma indicava che molto probabilmente non sarei riuscito a “chiudere” in tempo il libro sul Ceo capitalism che stava ormai diventando un emulo del Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet di Federico Fellini. Invece, grazie ai miei due amici professori, Dario e Umberto, grazie alla tecnologia radioterapica, grazie a Gesù, sono ancora qua, pieno di energie e di sogni, al punto da sfidare problemi più grandi di me.

Di più, Il 2019 è stato un anno entusiasmante. E’ finito finalmente il libro, grazie soprattutto a Giovanni Maddalena. Ho realizzato un sogno nascosto, cioè creare un settimanale digitale limitato ai soli abbonati (però l’abbonamento è gratuito), scriverlo insieme a un gruppo di giovani amici che sono diventati parte della mia vita, e io, mi auguro, della loro. Sull’onda dell’entusiasmo, con un numero di abbonati al di sopra di qualsiasi previsione, noi quattro gatti ci consideriamo attori, seppur ai margini, del prossimo grande palcoscenico su cui si giocherà il risiko dell’editoria giornalistica. Pensate la follia. Risiko innescato da Exor e dalle prossime mosse che digitalizzeranno il mondo dell’informazione italiana. Mi chiedo: e se questo business, finora protetto dalle melodie stile Bella Ciao, si ritrovasse a dover cantare (in inglese) Pietà l’è morta di Nuto Revelli, come reagiranno i colleghi? Hanno un piano “B”?

L’idea che, follemente, perseguo da tempo della “gratuità consapevole” riuscirà a giocare un ruolo in questo grande risiko? Un libro come Il Signor CEO, scritto con Tommy Cappellini, nato nella pancia della Rete, con un linguaggio innovativo, distribuito in modo originale (fuori tutti gli intermediari, Amazon in primis), riuscirà a diventare un riferimento per il mondo dell’editoria libraria? Come vedete sono avviluppato da sogni folli.

Se avete pazienza nel mio discorso di fine 2020, Gleason permettendo, saprete come è andata. Scambiandoci un segno di pace e tiremm innanz.

Zafferano.news

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