“Finita la bella favola di Lampedusa”, scrive Antonio Scurati su La Stampa. Un intellettuale degno di questo nome ragiona con la sua testa e non ci tedia con il politicamente corretto dei salotti, delle terrazze, delle canoniche. Costoro hanno trasformato il tema drammatico dell’immigrazione in un giochino intellettualoide, caricandolo di parole senza senso, di valenze strategiche assurde, di obiettivi culturali sciagurati, e ora non sanno come uscirne.
Un sindaco (Pd) sostituisce una sindachessa (Pd) e Lampedusa, di colpo, torna a essere un’isola come tutte le altre, un’isola umana, popolata di persone comuni, buone, cattive, sciocche, indifferenti, generose. Un’isola bella, aspra, ventosa come sono le piccole isole del Mediterraneo. Intellettuali markettari l’avevano trasformata in un “prodotto bio” vendibile sui mercati ricchi del Nord Europa, i politici erano andati loro dietro inventandosi una storytelling senza senso, con recite nei salotti più raffinati d’Europa, facendola sfilare persino alla Casa Bianca. Poi, registri perdigiorno, invece di fare documentari sull’affascinante mistero delle uova di tartaruga che in certi notti si dischiudono sull’isola dei Conigli (uno delle notti più belle della mia vita) si inventano un’isola che non c’è, pur di raccattare orsi d’oro da bottegai tedeschi interessati a una sola cosa: tenere i migranti lontani da loro. Che lo facciano turchi o lampedusani per costoro è indifferente.
James Barrie nel 1904 si inventa Peter Pan e lo colloca “nell’isola che non c’è”. Quando vivevo a Londra, ogni mattina prima di andare al lavoro, camminavo per un po’ nei giardini di Hyde Park che confinano con Kensington Garden, dove c’è il laghetto della Serpentine. Un giorno il custode mi spiegò che secondo lui “l’isola che non c’è di Peter Pan” era proprio quella. In effetti, Peter Pan dice a Wendy che la sua casa è “la seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino”. Altri lo negano. Edoardo Bennato, poeticamente, lo ha confermato.
A Lampedusa arriva un nuovo sindaco, Totò Martello (nomen omen), e la grande bolla si sgonfia di colpo, Lampedusa è come il resto d’Italia, come il resto d’Europa, i lampedusani sono come noi. Come noi, che abbiamo paura, perché subiamo “furti, minacce, molestie” (le parole sono quelle del sindaco), oltretutto questa delinquenza, non diversa da quella italiana, è però aggiuntiva. Non razzismo quindi, solo superamento del livello di accettazione. Una massa di tunisini (?) e altri ha fatto saltare i delicati equilibri del vivere civile di una piccola isola, che c’era e c’è.
Ci è arrivato anche Papa Bergoglio, con una frase non equivoca “Un governo deve affrontare il problema dei migranti con la virtù del governante: la prudenza”. Quelli di noi con la boccuccia a culo di gallina hanno finto che si sia fermato qua, perché questa locuzione era ancora dialetticamente gestibile. Invece no, questa volta Bergoglio ha superato la linea rossa, aggiungendo, didatticamente: “Cosa significa prudenza? Primo: quanti posti ho? Secondo: non solo accoglierli ma integrarli”. Sarà la fine del grande amore Scalfari-Bergoglio?
I nodi stanno arrivando al pettine, il tempo delle chiacchiere sta finendo, il realismo sta avanzando, implacabile, la stagione dell’execution incombe. Lampedusa è tornata a essere un’isola come tutte le altre. Le fatine ci sono solo nel mondo di Peter Pan. “Ogni volta che un bimbo dice: Io non credo alle fate, c’è una fatina che da qualche parte cade a terra morta”. Lampedusa è tornata un’isola come tutte le altre, fatine free.
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