LA GUERRA FINIRÀ UN GIORNO D’APRILE 2025, CON I CILIEGI IN FIORE

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Molti lettori, in realtà molte lettrici (grazie, care amiche, senza di voi sarei un servo muto) mi chiedono un Cameo su come l’Europa, tagliata brutalmente fuori dal duo Trump & Putin, dovrebbe comportarsi nell’ipotesi, ormai certa, di una trattativa a due, America e Russia, sull’Ucraina. I due hanno pure fretta, vogliono almeno una tregua per Pasqua. I nostri 27 premier, fermi nei loro sogni lirici di politica politicante, senza nulla sapere di come stava andando il mondo, serenamente inani per tre anni, ora si agitano, disperati.

Il Cameo non lo so scrivere. Tutte le mie riflessioni sulla guerra, sulla pace, sulla poesia, sono già nel libro “Guerra e Poesia”.

Pubblicato nel 2023, è stato un grande flop editoriale. Infatti, con una tiratura di appena cento copie, ne sono state vendute venti, sessanta le ho regalate, le rimanenti venti giacciono, disperate, in una ex cantinetta per vini nobili dismessa. Ne seguì una pièce teatrale, un monologo splendidamente recitato da Silvia Andrea Russo (ha la rubrica “Teatro” su Zafferano). Pur essendo tutto gratuito, solo un teatro di Piacenza ed uno di Como ci invitarono.

Nel momento in cui scelsi il titolo era automatico che sarebbe stato un flop, perché da diecimila anni non sappiamo far altro che guerre: il Patriziato per mantenere il potere, la Plebe per sperare di diventare Patriziato di complemento grazie ad essa. La guerra è sempre stata fra due o più Patriziati, per difendere o aumentare i loro patrimoni, lasciando alla Plebe la sofferenza e la povertà, e ai loro morti medaglie di latta al valor militare.

Dalla Guerra non si esce con la Pace (loro lo considerano un time out fra una guerra e l’altra) ma solo con la Poesia. Solo quando riusciremo a fare quest’ultimo passo potremo dirci civili. Questo è ciò che penso. Lo vivo, lo scrivo, in felice solitudine.

Sosteneva LouisFerdinand Celine (il medico di Courbevoie): “.. dalla prigione ci esci vivo, dalla guerra no. Tutto il resto sono parole”.

Care amiche, ecco alcune parole che dal libro ho distillato per voi.

 

Ci sono esseri così. Arrivano da chissà dove.

Alcuni addirittura dall’infinito.

Ti vengono ad esporre sotto gli occhi il loro gran fagotto di sentimenti, come al mercato. Spacchettano la loro mercanzia come viene e tu non hai comunque il tempo di rovistare fra le loro scarabattole.

Che fanno allora, rimpacchettano tutto o buttano via tutto?

Non lo so, perché di loro non so niente. Saranno effettivamente loro i nostri nemici? Come ci si può armare se non abbiamo chiaro chi è il nostro nemico?

E questi altri, che parlano, parlano, ma nulla fanno, sono effettivamente i nostri amici, o più semplicemente vogliono dominarci come tutti gli altri?

Certo che è enorme la vita! Ti ci perdi dappertutto.

 

Che strano! Sento un ronzio. Staranno mica arrivando i droni? Maledetti droni, non vi sopporto più!

Nel salotto, il giovane aveva ripreso a parlare.

Guerra di droni, ripeteva, nervosamente, Guerra di droni. Poco importa il paese d’origine (degli ayatollah, dei rabbini , dei sultani, dei banchieri) stanno diventando autonomi. Come gli algoritmi.

Ci sono droni sopra, sotto, di lato. Sembrano gabbiani reali a zampa gialla. Si lanciano continui ammonimenti reciproci.

La loro arma è una lingua che solo i droni conoscono. Incomprensibile per noi umani.

 

Lui era felice solo al risveglio, sorrideva, poi rimaneva in religioso silenzio, immobile come una mummia.

Ogni mattina si diceva: un giorno la guerra finirà! E mai saprò se sarà una pace vera o un time out per riprendere fiato.

Allora, dopo un anno di feste e di pianti, Vincitori e Vinti (maiuscola per entrambi) piomberanno nella noia, poi nella depressione.

Si accorgeranno che senza guerra non sapranno più vivere?

Di cosa scriveranno i giornalisti? Sia quelli embedded sul campo, sia quelli embedded in redazione? Poveri cristi, costretti alle tremila battute per rispettare gli interessi di business (guerreschi), sia dei loro editori, sia dei loro investitori pubblicitari. Come si è ridotta la libera stampa! Serva di due padroni, a dieci euro al pezzo!

E ora gli intellettuali patrizi su cosa pontificheranno?

E i sommi sacerdoti di regime, dall’alto delle loro cupole, contro chi tuoneranno?

In realtà, a loro insaputa, erano già tutti dei morti viventi.

La guerra ucraina era finita allora, a Mariupol, nel buio assoluto dei sotterranei nazi dell’ex acciaieria staliniana. Qua avvenne la battaglia campale, di cui nulla sappiamo e mai sapremo. Ha certificato non un vincitore, ma due sconfitti. Come tutte le guerre.

Siamo sconfitti quando non sappiamo più distinguere fra realtà e sogno, fra vero e falso.

Un giorno, idealmente verremo sepolti tutti a Mariupol, e sarà un giorno di aprile, quando (finalmente) la fioritura dei ciliegi riesploderà, come ogni primavera. Così come nel parco di Tateyama, della radioattiva Nagasaki.

Prosit!

Zafferano.news

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