La campagna elettorale è cominciata con modalità diverse a seconda dei partiti.
Il povero Giuliano Pisapia ha passato alcuni mesi a cercare una (impossibile) sintesi fra una serie di sinistri marchesati di montagna in perenne battaglia fra loro, e sempre in attesa di un salvifico Podestà straniero di cui liberarsi prima ancora che prenda possesso della carica: il suo caso
Il Pd di Matteo Renzi ha scelto di partire alla grande, inventandosi il golpe Consip, una specie di uragano Maria forza 5. Poi, terrorizzato dalla difficoltà a cavalcarlo, lo ha rapidamente declassato a forza 0,5, cioè pioggerellina sottile, oltretutto noiosa. Ora finge di buttarsi a sinistra, in realtà ha la strategia di sempre: il Partito della Nazione, insieme al suo padre putativo (l’unico che lo capisca), allineato e coperto sull’establishment.
Beppe Grillo ha scelto una strategia comunicazionale old fashion prendendosela con una categoria, quella dei giornalisti, già in crisi esistenziale per conto loro (gli editori stanno forse peggio). In effetti, noi giornalisti siamo ormai ridotti a un esercito di pungiball di terracotta. Se Grillo si fosse limitato alla prima parte “Non vi vergognate?” il messaggio avrebbe bucato lo schermo e la corazza (di latta) che ancora ci protegge ne avrebbe risentito. Invece ha esagerato, usando un linguaggio “vomitevole” (sue parole) che ha dimostrato la crisi profonda del suo movimento. Soprattutto ha scelto, dei tre, il cavallo sbagliato, il meno grillino, Luigi Di Maio. Forse lo sapeva ma non ha avuto il coraggio di tornare indietro, l’avevano scelto in un’altra epoca storica quando l’eleganza da parastatale del soggetto pagava ancora.
Silvio Berlusconi non ha valutato che l’Espace Henri Chenot ti depura fisicamente e mentalmente, eliminando sì tutti le negatività, però anche quelle che in politica fanno di te un grande leader. Finora lui era, per noi cittadini di una certa età, un totem in carne ed ossa, emanava un fascino politico intonso (eravamo rimasti all’insuperabile “L’Italia è il paese che amo”). Dopo Merano è sempre un totem, ma di legno azteco, i suoi connotati non sono più politici, sono tornati umani: un vecchio signore depurato di ogni asperità, un po’ legnoso nei movimenti (fisici e politici).
Il povero (nel senso della cassa) Matteo Salvini, che politicamente le aveva imbroccate tutte, salvo una, ha dimostrato una bontà d’animo inidonea per un politico di razza e di stazza. Avrebbe dovuto costituire la Lega parte civile nel processo contro Umberto Bossi. Non l’ha fatto per rispetto verso il vecchio combattente e ha perso la cassa: nessun golpe della Magistratura, solo rispetto della legge.
Questo lo scenario di partenza della campagna elettorale. La mia analisi parte da un’assunzione: qualunque sia la legge elettorale, ci sarà un profondo riposizionamento delle diverse anime dei singoli partiti e movimenti. Lo schema classico, l’establishment governa attraverso un podestà che porta voti di sinistra per fare politiche di destra (Gentiloni, Renzi, Letta, Prodi), ovvero un podestà di destra autosufficiente (Berlusconi, Monti) ritengo siano ormai impraticabili: gli elettori di sinistra si sono fatti furbi. Non ho la più pallida idea come si svilupperà questo riposizionamento delle diverse anime (culture), lo studieremo in corso d’opera, se volete, lo faremo insieme, io scrivo voi leggete.
Lo schema finale dovrebbe essere questo, non chiedetemi però una sua temporizzazione: 1 Al centro le truppe dell’establishment allineate al Ceo-capitalism imperante, cioè i renziani duri e puri e gli altrettanto duri e puri berluscones, gli intellò di ogni ordine e grado, gli euroburocrati, l’occhiuta Germania. 2 A destra, Salvini, Meloni, parte di Fi e i “destri” del M5s. 3 A sinistra i marchesati di montagna e una fetta dei pentastellati sociali alla Fico. Nel M5s, ridimensionato, dovrebbe rimanere il nucleo storico veramente grillino, all’inizio era un’affascinante minoranza giovane e scanzonata, rovinata poi dai moduli della rendicontazione.
Di uno cosa sono certo, non succederà nulla ma, accontentandoci di poco, ne vedremo delle belle.
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