Circa un anno fa, per ragioni strettamente personali, ho deciso: 1 Mettermi in lockdown volontario; 2 Continuare a cibarmi con prodotti rigorosamente italiani. Per me la “Sovranità Alimentare” è quella ben raccontata dall’amico Carlin Petrini, e che pratico fin dalla nascita (mia mamma mi allattò per 14 mesi, fino a 16 anni fui vegetariano, con brevi periodi vegani, in relazione a quello che passava il convento).
Stiamo per entrare nel primo inverno di guerra, quindi ho confermato il menu autarchico che pratico da sempre: minestrone di Pigna, pesce crudo abbattuto pescato qua davanti, verdure e frutta locali. Se digitate “Ventimiglia, frazione Latte, frutti tropicali”, scoprirete un personaggio straordinario, Pierangelo Fazio, studi in agraria, laurea in matematica, insegnante e, da una decina d’anni, coltivatore di frutti tropicali. Per il pranzo della domenica, il crudo di ricciola con la sua papaya è paradisiaco.
Per una alimentazione completa mancava però la carne. La Storia ci ha insegnato che, in guerra, i generali della ZTL-Stato Maggiore, non solo non muoiono, ma ingrassano, mentre i fantaccini, non solo muoiono ma, se per un caso della sorte sopravvivono, rimarranno per sempre scheletrici. Questo, nei secoli dei secoli, è stato il giochino della guerra, in cui l’inizio è incerto, mentre il finale è sempre certo: alcuni si arricchiscono (i cosiddetti “profittatori di guerra”), tutti gli altri o muoiono o si impoveriscono.
Così sarà anche questa volta, i tagli pregiati rimarranno nelle ZTL dei “generali”, il mercato nero impazzerà come quello di Amsterdam, e a noi fantaccini periferici toccheranno i tagli poveri. Per portarmi avanti, ho scelto quindi uno dei tagli più poveri, accoppiandolo però alla ricetta di uno chef prestigioso: Lorenzo Albrici di Bellinzona. In rete troverete il suo “Carpaccio di aletta di manzo servita tiepida”.
Provo a tradurre, in sei mosse, e in linguaggio corrente quello culinario, ossia il passaggio dagli ingredienti al piatto.
1 La “Aletta” è quella della spalla del manzo. Dev’essere “parer”, verbo francese che indica l’eliminare le parti grasse o deformate, per dare loro una forma regolare.
2 “Sbianchirla”, significa immergere la carne in acqua bollente per un tempo brevissimo, e immediatamente raffreddarla, così si aprono i pori e si eliminano le eventuali impurità.
3 “Sobbollire” (latino tardo) significa un’ebollizione appena percettibile per almeno due ore.
4 “Schiumare” deriva da un processo che fa pendant con quello di fermentazione del vino, per eliminare la feccia portata in superficie dall’anidride carbonica.
5 La preparazione della vinaigrette è lunga e complessa. Bisogna sostituire l’aceto di Sherry con il nostro ben superiore “Tradizionale” di Modena. Ho scelto come “mostarda di frutta”, quella di Mantova, suggeritami dall’amico Giambattista Tirelli.
6 Il finale è facile: la carne la si affetta ancora calda. Quando sarà tiepida, la si posa su un letto di insalatina della Riviera, e la si guarnisce con la vinaigrette.
Secondo Lorenzo Albrici, il tempo di preparazione dovrebbe essere di 2 ore e 30 minuti. La mia “prima volta” è stata di 4 ore e 15 minuti, ma ho scoperto di avere margini di miglioramento. Ovviamente non dedico neppure un amen alla guerra vera, è tempo perso, da sempre tutte le informazioni sono filtrate e manipolate o dall’ex KGB o dalla CIA, quindi inutile perdersi nel “chiacchiericcio” mediatico-salottiero-guerresco di cui parla Papa Francesco.
Da vecchio uomo di mondo, sono certo che la Guerra finirà quando i Fondi Pensione, via Wall Street, via FED , diranno al Congresso e al Presidente: “Basta così”.
Quel giorno (sarà quando sarà), nella preparazione settimanale della mia “Aletta di manzo” mi sarò di certo avvicinato all’obiettivo delle 2 ore e 30 minuti.
Post Scriptum. Come si può notare, il testo è ricco di metafore di base e di parole che possono trasformarsi in chiavi di lettura. Così, su Guerra Ucraina e Sovranità Alimentare, ciascuno si potrà costruire, in filigrana, una sua metafora a prova di ayatollah. Prosit!