Vedere a teatro “La figlia malcustodita” e scoprire che si chiama Italia, non Lisa

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Questo Cameo è stato scritto esattamente una settimana prima delle elezioni per il referendum. Ero ancora preda all’emozione provata nell’assistere, al Teatro Nuovo di Torino, a un balletto del Settecento, “La fille mal gardée” (La figlia mal custodita, versione Ashton), sotto la direzione di una straordinaria Daniela Chianini Era la prima volta che la mia nipotina Carla Maria (10 anni) partecipava, con una piccola parte (per lei grande), al più antico balletto ancora in repertorio nelle compagnie internazionali di danza. Tornato a casa capii che avevo assistito a una metafora che si prestava a una lettura diversa dell’infinita campagna elettorale, pro e contro il referendum costituzionale, nel quale, come giornalista, ero rimasto coinvolto. Un periodo dove menzogna e volgarità avevano dominato la scena, pur essendo una banale lotta di potere fra potentati. Noi cittadini ne saremmo usciti comunque dilaniati, con l’idea, dei vincitori di non fare prigionieri, degli sconfitti di vendicarsi alla prima occasione. Ultimo regalo di una oscena élite che ci ha governato, con differenti nomi, nell’ultimo quarto di secolo. Mi rifiutavo di passare le notte della domenica a fare commenti sul nulla, c’era un limite a tutto. Scrissi il Cameo, lo spedii, a futura memoria, all’amico Stefano Lorenzetto, direttore editoriale de La Verità, pregandolo di pubblicarlo martedì 6 dicembre, il giorno del mio compleanno. Come sarebbe andata non mi interessava, avrei preso un paio di giorni di vacanza e sarei andato a Venezia, a farmi avvolgere dalla sua nebbia, in questa stagione si fa cipria profumata. Il popolo si sarebbe espresso, qualsiasi fosse stato il risultato, sarebbe stato quello giusto: lui non sbaglia mai. Il mio maestro, Hunter S. Thompson, inventore del “gonzo journalism”, si sarebbe comportato così. In certi casi, preferisco lo stile, le sensazioni, gli umori, le emozioni che non i fatti. Per me il referendum era già avvenuto, prima ancora che si svolgesse.

Il 1° luglio 1789 (13 giorni dopo, a Parigi, il popolo avrebbe preso la Bastiglia) il balletto “La fille mal gardée” viene presentato in prima assoluta al Grand Théâtre di Bordeaux dall’autore, il grande coreografo Jean Dauberval. La trama è di disarmante semplicità, quindi senza tempo: Lise e Colas sono giovani, poveri, innamorati, vogliono sposarsi. La mamma di Lise, vedova Simone, invece vuole per la bella figlia un buon partito, lo individua nel figlio (il riccastro Alain, un po’ fané) del maggior possidente del luogo, Thomas. Con Thomas concorda un contratto matrimoniale; un picnic presso la sua tenuta agricola, suggellerà l’accordo. Un giallo alla Van Gogh fa da sfondo, siamo alla fine del raccolto, le spighe sono gonfie di chicchi di grano, i contadini ballano la danza dei nastri, le loro donne si lanciano nella danza degli zoccoli. La vedova Simone, per paura che Lise fugga, la chiude nella sua camera, senza sapere che Lise vi aveva già nascosto Colas. Quando arrivano Thomas e Alain (con notaio al seguito), per l’incontro finale la vedova Simone, come fosse uno scrigno, apre la porta della camera della figlia. Colpo di scena: ne esce Lise vestita da sposa, con al suo fianco Colas. Orrore, Thomas non può accettare l’affronto, straccia il contratto, se ne va infuriato, Lise e Colas chiedono il perdono di maman, la vedova Simone si pente per la sua avidità, benedice gli sposi. I contadini fanno festa roteando i loro falcetti (ci vorrà più di un secolo per aggiungervi i martelli). L’amore (e la rivoluzione) hanno vinto, la classe dominante ha perso. Il 14 luglio 1789, la presa della Bastiglia lo confermerà: il tempo dei Thomas e degli Alain è finito.

 

Facile rileggere i personaggi del balletto secondo l’attualità. La vedova Simone è l’Europa, avida, corrotta, spregiudicata, disposta a qualsiasi sconcezza pur di non prendere atto che è morta. Thomas è l’Establishment, rappresenta i premier europei, i regolatori, i banchieri, i grandi media, i supermanager. Lise è l’Italia, sballottata da una parte all’altra da chi non la ama ma la usa. Per status sociale, Alain è il Si, Colas è il No. Noi cittadini ci identifichiamo con i contadini, ancora capaci di prendere la vita cantando e ballando.

Il futuro sarà nostro, comunque.

Riccardo Ruggeri

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