E così Matteo Renzi di fronte a un dilemma auto creatosi non ha dato le dimissioni da segretario del Pd. Mi pare una decisione tattica, alla quale non dare alcuna valenza strategica. L’uomo è ferito, profondamente ferito nella sua psicologia, avrebbe bisogno di tempo per curarsi e poi “ripartire” (nell’accezione sacchiana). Ma il terrore che l’occasione non torni più lo sta logorando, allora gioca la carta del congresso. Sappiamo tutti che è una sceneggiata: se i suoi nemici perdono si portano via il pallone, così farà lui se perde. L’odio reciproco è talmente alto che non può essere diversamente.
Il vero momento topico per lui è avvenuto la sera del 4 dicembre quando si dimise in diretta tv da premier. Lo fece d’impeto, e in verità con poco garbo istituzionale. E’ in quell’ora, dalle 23 alla 24 del 4 dicembre, che è nato il Matteo Renzi 2.0. La sua scomparsa da tv e giornali fu immediatamente metabolizzata da noi popolo, siamo ormai talmente disincantati che deglutiamo qualsiasi evento politico di costoro. Ho provato, come divertissement, a ipotizzare cos’è successo nella mente e nel cuore di Matteo Renzi in quell’ora topica.
Vorrei farlo in parallelo a quanto successo a David Cameron, anche lui dimissionario immediato dopo un referendum, della cui vittoria era certo. E pure di Obama, che fino all’ultimo giorno è stato avvinto alla poltrona fattasi “cadrega”. Ha così dimostrato, anche lui, di gestire il finale con decisioni affrettate e suicide, tali da favorire Trump (ovvero penalizzare Clinton). Mi sono chiesto: cosa hanno in comune i tre? La risposta mi pare facile: psicologicamente tanto, nella sostanza ancora di più. Arrivano al potere con un modesto curriculum, ma presentano un ego gonfiato a dismisura. Quando vai a sbattere contro un ostacolo che tu non ritenevi tale, il mondo ti crolla addosso, il tuo passato, le immagini della tua vita, ti scorrono davanti in frazioni di secondo, e tu non sai che fare. Ti accorgi che non puoi più reggere l’abisso venutosi a creare nella tua mente tra le parole che tu pronunci e la realtà che sai essere tutt’altra. Scopri, troppo tardi, di non essere mai stato all’altezza del ruolo che occupi. E’ la fine del leader, la fine dell’uomo.
Ci sono pagine di Carl Gustav Jung che spiegano cosa accade: l’inconscio, a lungo schiacciato da un ego ipertrofico, cerca un equilibrio e induce a fare azioni improvvise all’apparenza autodistruttive. In realtà sono forme di bilanciamento che l’inconscio anticipa nei sogni. Nulla so di Renzi, Cameron, Obama, politici (mentre molto so dei Ceo): più o meno dovrebbero essere quelli qui descritti da Jung : “…..Questo è ciò che io chiamo il ruolo complementare (o compensatorio) dei sogni nell’ambito della nostra struttura psichica. Ciò spiega perché le persone che hanno idee non realistiche o una opinione eccessiva sul proprio conto, o che fanno progetti grandiosi del tutto sproporzionati alle loro effettive capacità, sognano di volare o di cadere. Il sogno compensa le deficienze della loro personalità e contemporaneamente mette in guardia queste persone contro i pericoli del loro comportamento. Se gli avvertimenti dei sogni non vengono presi in considerazione, possono accadere veri e propri incidenti; la vittima può cadere dalle scale o avere un incidente d’auto.
Ricordo il caso di un uomo che era immerso fino ai capelli in un gran numero di affari poco puliti. Egli maturò una passione pressoché morbosa per rischiose scalate alpinistiche, come una specie di compensazione. Egli cercava “di superare se stesso”. Una notte sognò di precipitare nel vuoto dalla sommità di un’alta montagna. Quando mi raccontò il sogno compresi subito il pericolo cui andava incontro; cercai perciò di fargli capire l’avvertimento del sogno e di persuaderlo a contenersi. Gli dissi anche che il sogno prediceva la sua morte in un incidente alpinistico. Tutto fu invano. Sei mesi dopo egli “precipitò nel vuoto”. Una guida di montagna lo osservava mentre, insieme a un amico, si stava calando con la corda in un tratto difficile. L’amico aveva trovato un appiglio provvisorio su una sporgenza della parete e il mio cliente lo seguiva. Improvvisamente, secondo il racconto della guida, egli si staccò dalla corda “come se saltasse nel vuoto”. Cadde addosso all’amico e precipitarono insieme. Tutti e due morirono.”
Auguro a David Cameron, a Barack Obama, a Matteo Renzi una seconda vita, un nuovo mestiere che dia loro l’opportunità di esprimersi al meglio nel mondo vero, quello che, mi pare, mai abbiano frequentato. Nella fattispecie italiana, ora tocca a Gentiloni, a Di Maio, a Salvini (con il voto decideremo chi è meno peggio). E’ giusto che anch’essi abbiano diritto ai loro quindici minuti di celebrità.
Riccardo Ruggeri