Domani i cittadini andranno a votare, voteranno Si o No. Io mi sono sgravato, come residente all’estero ho già votato, non dico per chi: per il mio ruolo pubblico sarebbe inelegante, oltre tutto immagino non interessi a nessuno. Per di più, appartengo all’infima minoranza di quelli disinteressati al risultato del referendum, ritenendolo politicamente irrilevante. Se Matteo Renzi non risolve i nostri tre macro problemi: immigrazione, lavoro, debito, cadrà. Punto. Solo l’8% dei cittadini italiani considera importante il referendum e relativa legge, probabilmente sono proprio quelli che la politica la praticano, forse ci campano, a volte ne abusano.
Ho già spiegato ai lettori il processo contrastato che mi ha portato al voto. Non ho capito perché Renzi abbia deciso di identificarsi con un referendum, che da tecnico ha fatto diventare politico; se lo manteneva tecnico il Si avrebbe vinto in scioltezza. Ha preferito mettersi a capo di “un’aberrante accozzaglia” (il copyright è di Napolitano e suo) formata dalle élite di ogni ordine e grado, sollecitando endorsement imbarazzanti, proprio nel momento in cui i popoli votano contro queste, spesso a prescindere.
Salvo una minoranza colta, schierata sul Si, la maggioranza di noi voterà a favore o contro la persona Renzi: è stato lui a volerlo, imponendo una campagna elettorale di sei mesi, ad alto martellamento psicologico. Temo che Jim Messina non conosca una figura inesistente nel mondo anglosassone: il cittadino-elettore, diverso dal cittadino comune. Il cittadino-elettore è un ircocervo italico, metà uomo, metà bestia. Si palesa solo quando si chiude nella cabina, nessuno immagina quanta aggressività scarichi sulla punta della matita copiativa mentre osserva la sua scheda-scettro. In quell’istante ripassa tutti i soprusi che ha, o crede di aver subito, le mance politiche che ha o non ha avuto, e … o perdona o si vendica. Matteo Renzi ha scelto di essere divisivo, c’è riuscito, e bene. Ormai, divisivo lo rimarrà per sempre.
Anche il fatto di aver condotto, dalla primavera all’inverno, una campagna elettorale martellante, mi è parsa una modalità sbagliata, ha favorito solo noi studiosi del marketing politico, della comunicazione politica, dei comportamenti organizzativi delle leadership, migliorando il nostro livello di analisi. Una mossa sproporzionata per la posta in gioco. Con un atteggiamento da leader super partes avrebbe vinto facile, senza eccitare avversari e cittadini contrari, facendoli diventare “un’aberrante accozzaglia”, speculare alla sua. Certo, se così battezzi “Monti-Salvini-Grillo”, ti devi attendere, di ritorno, un imbarazzante “Napolitano-De Luca-Verdini”. Cosa hai ottenuto? Uno squallido 0-0.
Resta la simpatia umana e il riconoscimento dell’impegno fisico che Renzi ha profuso in questa avventura. E qui arriviamo al punto. Sia vinca il Si, sia vinca il No, il 5 dicembre Matteo Renzi sarà un’anatra, o zoppa, o stirata. Anche se vincesse il No (dubito), nessuno chiederà (seriamente), la sua testa, i parlamentari di maggioranza e di opposizione si defileranno (la difesa dello scranno farà aggio su tutto). Il Presidente Mattarella farà il suo mestiere, poiché la maggioranza c’è ed è forte, non esistono le condizioni oggettive per andare alle elezioni. Chiunque nomini premier sarà gradito, gli uni perché non sarà Renzi, gli altri perché si sono liberati dell’ingombrante “padrone”. Il mitico “mercato” lo dimenticherà di colpo, come ha dimenticato, in un battito d’ali, The Hillary e The Barack. L’algoritmo non ha cuore, caro Presidente, e lei lo sa.
Un suggerimento da un vecchio signore, un liberale mite e tollerante: domenica, sopra tutto lunedì, riprendiamoci la nostra libertà intellettuale che abbiamo provvisoriamente portato all’ammasso, resettiamo questo orrendo 2016, scambiamoci molteplici segni di pace, lasciamo le élite ai loro mestrui colti, occupiamoci dei nostri figli e nipoti. Ne hanno tanto bisogno.
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