Da quando bi-vaccinato, e pure turbocompresso, mi sono messo in lockdown, volontario, e a tempo indeterminato, una visione ottimistica della vita mi ha curiosamente aggredito.
Ho cibo di base fino a Carnevale, in cantina vino e acqua minerale, i miei due amici di una vita, il pescatore e l’ortolana, sono pronti, on demand, a garantirmi il fresco del mare e della terra. Sono finalmente sereno, le minacce dei kapò della politica e della scienza, dei conduttori di talk, dei direttori di cartaceo, etc. mi fanno un baffo.
Super vaccinato e blindato in casa, cosa posso pretendere di più dalla vita? Mi sento come Papa Clemente VI che si rinchiuse in una stanza del Palazzo di Avignone, dove erano perennemente accesi due falò. Lui, e gli scienziati di allora, non lo sapevano, ma il fuoco teneva lontane le pulci asiatiche colpevoli della peste nera del Trecento. Comunque sia, le pulci morirono, lui sopravvisse, così il Papato.
Nella mia ottusità ascientifica ero convinto di essere nella quarta ondata, in realtà i virologi della mutua sostengono che siamo nella quinta, peggio, già a gennaio, dicono, la sesta potrebbe travolgerci. Con il lockdown volontario ho fatto un’assicurazione sulla vita, il Virus di Wuhan e le sue varianti non le temo più, però mi dispiace tanto per Gesù Bambino.
Immagino abbia il morale a terra, fra virologi mascherati da laiche voci bianche e atei salottieri wokerizzati, lui sa che non può mollare, perché la stanchezza mentale dei credenti può diventare più contagiosa della peggior variante. Solo lui può liberarci da questi esaltati, sempre più influencer sempre meno scienziati o politici.
Come vecchio analista mi chiedo: con leadership di questa modestia, e con un Paese “spaccato” sui valori di base, come potremo affrontare la crisi energetica che da anni stiamo auto creandoci, con l’osceno chiacchiericcio su obiettivi (notate, obiettivi!) climatici totalmente sganciati dalla fattibilità della loro execution?
Temo che al lockdown virale di oggi si aggiungerà presto una drammatica successione di blackout energetici. Allora, non avremo più bisogno di virologi, ma di minatori per riaprire le miniere di carbone, e di “putagè” a legna per cucinare e per scaldarci. Torneremo alla vita predigitale della mia infanzia quando in casa, d’inverno, si indossava il maglione di lana grezza fatto dalla nonna.
La nomina del nuovo Presidente della Repubblica, di cui tutti blaterano preoccupati, lo vivo invece come un divertissement. E’ un film la cui sceneggiatura era stata scritta un anno fa dal regista Sergio Mattarella, con Mario Draghi attore principale di un racconto che, per la prima volta, porta un Premier a diventare Presidente. Siamo al lancio.
Personaggi e Interpreti:
Silvio Berlusconi si ritira (un bisnonno non può competere con un nonno) e riversa i voti del centro destra su Draghi, diventando così, all’apparenza, il king maker dell’operazione (lui ne è felice).
Matteo Salvini torna al suo ruolo storico: feluca a Roma degli elettori “pesanti” del centrodestra nordista, con divieto assoluto di andare oltre Eboli.
Enrico Letta, e quel che resta di una Sinistra ideologicamente in disarmo, si adeguano, fingendo che “Lui” non sia mai stato un banchiere.
Luigi Di Maio e i Cinquestelle lo appoggiano entusiasti festeggiando, sui balconi di casa, il salvataggio dei loro mutui personali.
Giorgia Meloni e Marco Rizzo, non contano nulla (e lo sanno) ma una larva di opposizione ci vuole, e loro si sacrificano.
Matteo Renzi e Carlo Calenda, astuti, restano nello spogliatoio.
Mario Draghi indicherà al Parlamento il nome di una donna (Marta Cartabia?) come Premier, con il compito di realizzare il PRRBP, “Piano del Ripristino del Rispetto reciproco e del Buonsenso Popolare”, cioè per fare tornare la maggioranza silenziosa degli italiani alla storica politica moderata democristiana, basata su tolleranza e umanità, con accettabili dosi di furbizia privata.
Insomma, un ritorno all’antico. Gli italiani avranno un “Padrone” (il loro Monsù Cerutti 2.0) sul quale riversare tutte le loro nevrosi e lanciare i loro strali. Com’è sempre successo. Sarà un modello, grezzo e popolare fin che si vuole, ma insuperabile per mantenerci uniti.
Così, di riffa o di raffa, anche questa volta l’Italia ce la sta facendo. E allora, come sempre nei momenti topici della mia vita, ascolto, rapito, Hallelujah del coetaneo Leonard Cohen. E mando un bacio ai miei nipotini lontani. Buon Anno!
Zafferano.news