Tra le mie carte e ritagli di giornali, ho trovato un appunto del 1999, quando fu “privatizzata” Autostrade. Già allora ero un liberale rigorosamente “nature”, mai di sinistra, mai di destra, mai azionista. Avendo studiato a fondo il CEO capitalism, specie in termini di comportamenti organizzativi, sono maturato al punto che ormai provo tenerezza per i birbanti che praticano questo modello dal quale le persone perbene devono stare lontane. L’appunto conteneva una semplice affermazione: “Nella privatizzazione di un monopolio naturale, il prezzo di cessione è irrilevante, dipende dalle clausole. Chi stende il contratto, e compra, ha vinto, comunque. Chi vende ha perso, ancor prima di iniziare la trattativa. Punto”. Il contratto lo stesero i compratori, si disse che la ciccia fosse in più allegati che vennero gestiti come segreti di stato. Rimasi senza parole, ma non mi stupii, conoscevo quella baraggia che si era creta all’epoca delle cosiddette privatizzazioni, dove politica, business, incompetenza colta, potere, ambizioni, carriere, tangenti dirette o indirette, albergavano e si raggomitolavano in continuazione.
La mia esperienza di business americana (all’apparenza un paradiso grondante di Urì per noi liberali “nature”) mi aveva insegnato che solo una struttura statale forte (Politici, Deep State, Magistratura) tutti determinati a fare l’interesse nazionale poteva gestire con successo sia una Privatizzazione (rara, colà tutto è già privatizzato) sia una Nazionalizzazione-Privatizzazione (modalità spesso usata, conseguente al Chapter 11).
Suggerisco agli advisor del Governo, al Premier, alla maggioranza, all’opposizione, di studiarsi la documentazione originale di come la task force di Barack Obama (non 450 persone ma il segretario al Tesoro Tim Geithner e il super consigliere economico Larry Summers) gestì la crisi dell’industria dell’auto, e in particolare la nazionalizzazione e immediata privatizzazione (con dote) di Chrysler. Si studino in particolare le modalità con le quali furono “espulsi” i proprietari tedeschi di Chrysler (Daimler), la storia del Fondo Cerberus, il presunto tintinnio di manette durante il processo negoziale, l’affannato ritorno in Germania dei supermanager. Si disse che Daimler nell’intera vicenda Chrysler abbia perso svariate decine di miliardi di $. Per questa iniziativa Daimler andò vicina al collasso. E l’Amministrazione Obama ne uscì con successo.
Tecnicamente in ogni trattativa le opzioni negoziali sono tre (come nel calcio). Il numero tre vale anche nel caso Autostrade. E’ un caso abbastanza raro questo, per la variabile (drammatica) dei 43 morti che indebolì la posizione del Concessionario, anche per la freddezza imbarazzata e imbarazzante con la quale affrontarono, dal punto di vista umano, l’immane tragedia. Resta inaccettabile che persone ritirino il biglietto al casello autostradale e poco dopo muoiano nel crollo di un ponte senza che questo fosse stato colpito da un meteorite.
Per quel che conta (nulla) se fossi stato consulente dei Benetton avrei cercato di convincerli che, dopo la caduta del ponte Morandi, avrebbero avuto tutto l’interesse a velocizzare l’accordo, anche ipotizzando di uscire dal business a qualsiasi costo. Loro il business l’avevano già fatto vent’anni prima, e la redditività prodotta nel frattempo era stata molto interessante. Nel business ci sono dei momenti in cui, quando ci si accorge che il “tempo” ci gioca contro, si paga pegno e si scappa. Questo, secondo me, era il caso.
Giuseppe Conte per la sua ovvia sudditanza verso il Movimento che lo sorregge (loro hanno i voti in Parlamento, i sondaggi di gradimento del Premier sono giocattoli a molla: girano, girano in cerchio ma solo finché dura la carica) sapeva però che i cinquestelle culturalmente non conoscono la differenza fra obiettivo ed execution, per cui decidono solo quando hanno l’acqua alla gola, e di conseguenza le loro decisioni sono spesso sbagliate, perché prese al momento sbagliato.
Peccato che ci abbia lasciato Sergio Marchionne, mi sono immaginato lui Commissario ad acta. Allora il problema Autostrade sarebbe stata una passeggiata negoziale per lo Stato. La soluzione, per uno del mestiere, è oggettivamente gestibile, figuriamoci per uno come lui. La locuzione di cui sopra è sempre valida, e i Benetton oggi sono “venditori”. Punto.