Tra Sì e No il vincitore c’è già: la democrazia

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Sono stupito delle polemiche sorte sia sull’assoluzione di Ignazio Marino, sia sull’intervista a Fedele Confalonieri. Quest’ultimo tra le righe ci dice che, turandosi il naso, voterà Sì al referendum costituzionale, sono certo che altrettanto farà Silvio con il No (le circostanze obbligano entrambi a farlo). Marino annuncia che girerà l’Italia per il No («mi hanno pugnalato, un solo mandante»), certo, mossa politicamente sgradevole, ma umanamente comprensibile per il linciaggio che ha subìto.
Invece è aziendalmente ineccepibile l’allineamento di Confalonieri al governo. Chi gestisce business soggetti in qualche modo alla politica deve necessariamente adeguarsi, è filogovernativo per necessità. Vale ovunque, leggetevi i discorsi segreti di The Hillary ai banchieri di affari newyorkesi, e scoprirete un mondo orrendo (Assange sii benedetto per tutto ciò che ci fai conoscere di questo marciume). Gran parte del mondo degli affari oggi fa riferimento alla politica, non al mitico mercato, questo è lo storytelling del modello californiano, a parole tutto meritocrazia, nella bruta realtà tutto lobbying (leggi corruzione) verso il potere.
Lo scambio con la politica è intensissimo, finanziamenti elettorali ed endorsement contro leggi di sartoria, o disegnate o cancellate ad hoc. È il compromesso storico 2.0 fra politica e business. Nei giorni scorsi è morto Bernardo Caprotti, esempio eclatante della lotta contro questo mondo marcio. Ha perso tutte le battaglie contro le Coop rosse, le ha vinte tutte sul mercato. Per questo la sinistra a Milano lo perseguita, persino dopo morto. Gianni Agnelli fu mitico, capì prima di tutti, e come nessun altro, l’essenza del rapporto pubblico-privato, coniò l’insuperabile, definitivo «ciò che va bene per la Fiat, va bene per l’Italia». Noi, suoi manager, avevamo l’ordine di essere filogovernativi, lo fummo, grazie a lui la Fiat ebbe ogni sorta di benefici, dovuti e non dovuti, una notte poté persino scomparire dall’Italia, senza pagare pegno.
La lettura della classifica Ads di agosto 2016 (rispetto ad agosto 2015) sulla perdita di copie dei 15 principali quotidiani italiani è da panico, a partire dalle 53.000 copie perse dal Corriere della Sera (-17%) alle 42.000 (-29%) del Sole 24 Ore, ci conferma che siamo in pieno tsunami giornalistico-editoriale. Umanamente comprensibile che alcuni editori e direttori di giornali, di tv, di radio, si comportino come Fedele Confalonieri, o anche peggio. Noi di una certa età siamo uomini di mondo, ne abbiamo viste tante, capiamo tutto, abbiamo una sola preghiera da rivolgere agli amici coinvolti: per favore non spacciateci come nobili comportamenti quelli che tali non sono e non possono essere, pur con tutte le giustificazioni del caso, in primis la mitica «tengo famiglia».
Nel nostro mondo si sussurra del boicottaggio di una tv nazionale per «disallineamento culturale» con il potere. Non essendo complottista, non la cito neppure, perché mi rifiuto di crederci, sarebbe una mossa di totale idiozia; se invece così fosse, e lo scopriremo presto, mi dispiacerebbe molto, anche egoisticamente, perché è l’unica tv italiana che frequento, abituato come sono all’indipendenza delle tv elvetiche. Vigendo in Svizzera un sistema elettorale proporzionale, tutte le culture politiche devono per legge essere rappresentate, ogni tanto si vede persino uno stranito rappresentante del Partito comunista maoista (0,9%).
Che la locuzione mito di Agnelli nel frattempo abbia cambiato segno? Che sia diventata «ciò che va bene per il governo, deve andar bene per i cittadini»? L’aspetto straordinario di questo referendum, all’apparenza grigio e burocratico, è che ha un’anima. Un’anima profonda, è emersa in corso d’opera, e lo dobbiamo al Matteo Renzi «nature» di qualche mese fa, che, personalizzandolo, lo ha caricato di valenze profondamente democratiche: Sì o No sulla sua persona.
Questo messaggio è passato, ha bucato lo schermo, ed è cosa bella e giusta. Sono felice di avere la possibilità di poterla raccontare, serenamente. Chi vince fra Sì e No è irrilevante, l’importante è che il processo democratico abbia potuto dispiegarsi in modo corretto, e finora ciò è avvenuto.

www.riccardoruggeri.eu

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