IL CAMEO INTERVISTA (1)

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Silvia Russo (22) intervista Riccardo Ruggeri (90)
È nato il Cameo Intervista a cadenza mensile. Una giovanissima studentessa di
lettere antiche, con rubrica su Zafferno, intervista un novantenne ex CEO di
multinazionali, oggi editore e scrittore, residuo di un Novecento in via
d’estinzione. È un’intervista a spicchi, per argomenti che di volta in volta sceglie
l’intervistatrice, che si snoderà, mese dopo mese, cercando di soddisfare le sue
curiosità intellettuali.
1. So che interessa solo ai 20.000 abbonati, ma cosa ne sarà di Zafferano quando lei
non ci sarà più?
È già deciso. La testata vivrà, passando ai fondatori rimasti. Un’eredità senza vincoli,
faranno ciò che reputeranno giusto per Zafferano.
Zafferano è il simil quotidiano (settimanale) del futuro. Ha un modello organizzativo
geniale, perché è a “burocrazia zero” e ad alto “tasso affettivo” fra chi scrive e chi
legge. Tecnicamente non può fallire, grazie al suo conto economico-stato patrimoniale
impeccabile. Il suo linguaggio volutamente trasparente e sincero rispetto verso tutto e
tutti, si rifiuta di compiacere chicchessia, lettori compresi.
L’Editore, e chi ci scrive, sono tutte persone libere e perbene, senza interessi nascosti o
secondi fini. Non sono stakeholder di nessuno e non fanno parte di nessuna élite!
2. Quando aveva 22 anni, come immaginava che sarebbe stato il futuro?
Meraviglioso! Un anno prima avevo conosciuto Lilli. Da allora sono passati
settant’anni, e così è stato.
3. Chi sognava di diventare “da grande”?
L’ala destra del Toro! Scoprii poi che era tecnicamente impossibile, a prescindere
dalle eventuali capacità (che non avevo), il mio baricentro era
troppo alto per un calciatore d’allora.
4. Il mondo di oggi soddisfa le aspettative che lei aveva un tempo?
Sono sempre stato proiettato al “futuro”. A volte mi piace sfogliare il “passato”, come
si fa con le cartoline dagherrotipo di quando sono nato. Il
“presente” mi interessa poco, lo considero banale routine per prepararsi al “futuro”.
Anche a novant’anni è così.
5. Come crede che siano cambiati i giovani dalla sua epoca all’epoca attuale?
Onestamente non le so rispondere.
6. Secondo lei, cosa dovrebbero imparare i giovani d’oggi dai giovani della sua epoca?

Posso dirle cosa è successo a me. Ho seguito i suggerimenti di mia mamma e di mio
papà, entrambi operai Fiat. Erano due animali politici, molto
perbene, si amavano tanto. Erano antifascisti, anticomunisti, anti partito d’azione.
Erano anche anticlericali, ma la mamma volle che la quinta
elementare lo facessi dai Fratelli delle Scuole cristiane, e così a dodici anni divenni
cattolico. La mamma ne fu felice, pur rimanendo anarchica. Per
loro l’educazione era leggere, scrivere, riflettere prima di parlare; ripetevano spesso
“Capire è difficile”. Era l’esempio, diventerà il mio motto:
“Spingere la carriola, con energia, con determinazione, guardando sempre avanti, ma
mai e poi mai tirarla!”
Questo modello educativo senza ombre con me ha funzionato.
7. Qual è il primo ricordo della sua giovinezza che le viene in mente?
Lia, una ragazza sedicenne dell’alta Garfagnana, aveva occhi da cerbiatta.
8. Il giovane che è stato ha contribuito alla costruzione della persona che è adesso?
Come?
Il come non lo so, ma penso di sì!
9. Se potesse tornare indietro mantenendo la consapevolezza e la maturità che ha
oggi, cosa farebbe?
Eviterei la “Bomba di Aulla” del 1944, l’anno terribile senza poter parlare per lo choc,
la susseguente balbuzie durata dieci anni. Avrebbe potuto
uccidermi, invece l’idea di scriverci un libro, realizzato solo ottant’anni dopo (Guerra e
Poesia) e l’aver passato sette anni (negli Ottanta) come
importante esponente civile del mondo militare italiano, mi fece capire le guerre. Non
le fanno i militari, ma i politici e gli autocrati per difendere o
aumentare le ricchezze di pochi, usando come carne da macello i poveri. Ha notato
che le élite del business, del management, della politica, usano
lo stesso vocabolario di taglio guerresco? Mi creda, è brutta gente.
10. Se potesse modificare qualcosa della sua giovinezza, cosa farebbe?
Nulla, ho avuto una giovinezza povera, però felicemente ricca.
11. Se si guarda indietro, quale crede che sia stata la sua missione?
Sposare Lilli, avere Luca e Fabio, le mie nuore-figlie, i quattro nipoti (Virginia, Carla
Maria, Jacopo, Ada Rosa). Poi quella di fare la mia vita da uomo
intellettualmente libero, cercando di disturbare il prossimo il meno possibile, rifiutando
però ogni forma di sudditanza verso i potenti.
12. Cosa pensa dell’evoluzione tecnologica? Sarà la rovina dell’uomo?

Assolutamente no! Tecnologia e Scienza non mi inquietano, gli scienziati veri più
studiano, più scoprono, più cambiano idea, checché ne pensino i
colti. Sono entrambi strumenti molto utili per l’umanità, da gestire con intelligenza e
alta moralità.
Per un certo tempo, ho studiato l’applicazione della Chat GPT al giornalismo, uno
strumento utile in termini di efficienza, ma nulla più. Pensare di
sostituire una persona con un algoritmo è semplicemente demenziale, a meno che la
persona-lavoratore e il suo capo non siano degli esaltati.
Il grande matematico Bruno de Finetti (1906-1985) sosteneva come noi umani
dobbiamo proporre sempre nuovi scenari, perché a noi, non alla Ia,
tocca disegnare il nostro futuro. Da un decennio, nel mio lavoro, non faccio più analisi,
ma disegno scenari.
E poi, tranquilli, Ia non sa cos’è l’amore; quindi, non potrà mai far parte dell’umanità!
13. Quale insegnamento si sente di dare ai giovani d’oggi?
Nessuno. Lei ed io lavoriamo insieme da un paio d’anni, lei impara dai miei atti, io
imparo dai suoi. La vita è scambio, più la differenza di età è alta,
più lo scambio è vantaggioso, per entrambi. Io la penso così.
14. Se le fosse data la possibilità di decidere tra il mondo di oggi e quello della sua
giovinezza, in quale sceglierebbe di vivere?
Può piacerci o meno (a me piace), ma tutti siamo figli e prigionieri del nostro tempo.
L’importante è viverlo in libertà!
15. Le sarebbe piaciuto avere 90 anni nel mondo in cui viveva quando ne aveva 22?
No, questo è il mio tempo, sono stato sempre felice, seppur in modo diverso al
mutare delle condizioni. I dolori, tanti, li ho sempre vissuti come
passeggeri.
16. Lei crede che homo homini lupus?
A differenza di quello che sosteneva Hobbes, considero l’egoismo semplicemente una
perdita di tempo.
17. Come crede che si possa contribuire a contrastare l’impoverimento culturale vissuto
dai giovani (e non solo) di oggi?
Non penso ci sarà mai una app da scaricare, è un problema che ognuno di noi deve
progettare e smazzarsi da solo. È il bello della vita libera!
18. Come crede che si possa incoraggiare la gioventù a interessarsi di politica?
Voglio bene ai giovani, i miei quattro nipoti sono tutti della Gen Z, spero che non si
interessino di politica. Mi sfugge come si possa ambire di fare i

maggiordomi alle miserabili élite (di destra, di sinistra, di centro, tutte estremiste in
modo diverso) che oggi governano il mondo, in Occidente e in
Oriente.
19. Come crede che si possa sollecitare lo spirito critico dei giovani d’oggi?
Lo spirito critico è un sottoprodotto di ben altri, e alti, valori, presuppone conoscenza,
cultura, personalità, e una postura, sempre più rara, da
hombre vertical.
20. Cosa cambierebbe del mondo in cui vive?
Il mondo in cui vivo è fatto dalla mia famiglia, dai tanti amici che mi ritrovo anche in
tarda età, della gioia di studiare cose nuove, dallo scrivere. Mi
piace, quindi non potendo cambiare tutto, non cambierei nulla.
21 Mutuando una frase celebre di Isaac Singer è come se lei avesse rifiutato di
perdere l’accento (da operaio) perché quell’accento la definiva.
È così, sono orgoglioso di essere nato operaio (povero) e felice di chiudere da operaio
(benestante), senza aver mai tradito la mia classe sociale.
22 Cosa desidera lasciare in eredità al mondo del futuro?
Zafferano, un figlio avuto in tarda età, ma tanto amato. E poi un personaggio del mio
libro più crudele, Achille K. nel quale mi sono specchiato per
tutta la vita, uno semplicemente perbene, che ha rubato la K. allo scrittore-filosofo in
cui il XX secolo si è giustamente identificato.
21. Perché più crudele?
Lo rileggo spesso, come fosse un richiamo della foresta, ogni volta provo brividi di
terrore, ma non ne posso fare a meno. Lo legga, sono curioso di
scoprire quale effetto avrà su di lei. Per me è stato sconvolgente scoprire che per
avere o mantenere la libertà si debba essere disposti a fare
qualsiasi cosa, anche contro sé stessi. Come Achille K. 1 continua
Zafferano.news

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