Il mestiere dell’analista è insidioso e noioso, le posizioni delle forze politiche in campo, molto spesso sono cristallizzate, è sempre stato così, ma un tempo la politica era come il calcio, sul campo ci si menava, ci si scalciava, poi una doccia calda, la sera tutti al night club, a divertirsi, insieme. Lo stesso in Parlamento, così nelle redazioni dei giornali. Posso dirlo per esperienza diretta, io ero liberale ma i miei colleghi in Fiat erano tutti comunisti, l’amicizia però prevaleva sempre. Dopo la caduta del muro e la globalizzazione non è stato più così. Il mondo della politica, in particolare il mondo dell’economia che ne ha preso indegnamente il comando, si è incattivito, è culturalmente degradato. Prendiamo il referendum, e questi mesi di follia comunicazionale: ho assistito, senza motivi, allo scannarsi degli uni contro gli altri. Proprio ieri, il mio amico banchiere svizzero, che i lettori hanno imparato a conoscere, dall’alto della sua saggezza, diceva: “dopo il 4 dicembre, vittoria del Si (assumption di noi banchieri), ulteriore drammatica crisi dei mercati, in Italia una patrimoniale s’imporrà. Boccia e Camusso sono già d’accordo. Certo, saranno quattrini buttati nella fornace, servirà solo a comprare tempo. Caro Riccardo, lasciali perdere, festeggia, sereno, il tuo compleanno”. Mi sembra un suggerimento saggio, come analista il mio contributo l’ho dato, La Verità ha pubblicato “Modesta proposta per un compromesso freddo”. Che altro posso fare? Nulla. Il 6 dicembre festeggerò i miei anni a Torino, dove sono nato, o a Venezia, dove è nata mia moglie. Se sarà Venezia, pranzo al Local, da Matteo Tagliapietra, per il raro risotto di gò. Per chi non lo sa il ghiozzo (gò in veneto) è un pesce orrendo, di color giallo verde, difficilissimo da spinare. A me piace, non per il sapore, ma perché lo trovo un pesce metafora di quest’epoca sordida. Vive nei fondali fangosi della laguna (i sociologi direbbero le periferie del mare), un tempo lo mangiavano solo i popolani, anzi era merce di scambio fra poveri. Ho letto che Tagliapietra (scuola Nobu) lo ha internazionalizzato, aggiungendo scaglie di un tonno fermentato, essiccato, sbriciolato (in giapponese katsuobushi) per dargli un tocco croccante (in effetti il gò ne ha un disperato bisogno). Se vogliamo dargli una lettura colta possiamo parlare della contaminazione dei prodotti di terra e di mare con la laguna, parlare dell’antico Dna della Serenissima, la prima in Occidente a contaminare l’Oriente e a farsi contaminare. Politicamente, e pure economicamente, la filosofia della contaminazione è fallita, la sua figlia prediletta, l’integrazione, è mal messa, avrebbero dovuto inventarsi una nipote meno baldracca di mamma e di nonna. Perché non ripartire dal basso, dai fondali fangosi della laguna, dalle periferie del mare?
Stante il mio ruolo di editorialista, apòta e indipendente, per ragioni di stile, mi guarderò bene dal fare outing sul voto, però prometto che, in un prossimo pezzo, ripercorrerò il processo che sto facendo per la scelta. Confesso che più volte, in corso d’opera, ho cambiato idea, al mutare sia del contesto politico, sia dei vari riposizionamenti delle persone che stimo o disistimo. Lo riconosco, tutto ciò che succede intorno a questo referendum in termini comunicativi è affascinante. Assistere a dibattiti sul nulla, a censure volgari e contro censure idiote, vedere amicizie e amori che si spezzano, stima che diventa disistima, indifferenze che si trasformano in odi, senza alcuna motivazione, se non l’infinita supponenza dei ridicoli spadaccini in pedana, è uno spettacolo unico. Ci rendiamo conto, a che punto siamo arrivati? Domani, e stento ancora a crederlo, da Mentana ci sarà il faccia a faccia Renzi versus De Mita, l’amico del cuore di Obama e l’ultimo esemplare vivente della Magna Grecia. A questo punto festeggiare con nonchalance il compleanno a Venezia col risotto al gò-katsuobushi si imporrà.
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