Una premessa, cari lettori del Blog, questo è un Cameo sperimentale, va oltre lo schema al quale mi sono finora ispirato (gonzo journalism) del mio maestro Hunter S. Thompson, oltre l’insegnamento di Indro Montanelli (“quando un articolo ha due idee, una è di troppo”). C’è chi sostiene che oggi il mercato dei quotidiani preveda l’interesse dei lettori limitato a pochi pezzi di commento, però esaustivi e brillanti nella confezione.
In questo caso gli appunti per costruirlo sono presi dalla vita vera, dalla tv, dalla Rete, da Twitter, se del caso anche dai cassonetti della comunicazione. Sono assemblati come fosse una conversazione fra un ombrellone di Capalbio e un bar di Mirafiori. Il linguaggio usato è quello comune per entrambe le classi sociali (alto e basso) alle quali è destinato. I contenuti sono sì quelli tipici di un analista politico, ma dentro c’è anche l’uomo, con i suoi sentimenti, i suoi sogni. Strategico l’uso delle metafore.
Spero che “l’editore collettivo” non mi espella definitivamente, ma capisca che è un banale divertissement sperimentale di un vecchio, ironico signore che, stante l’oscenità del presente, gioca a fare il giornalista in modo alternativo, per cercare di porsi allo stesso livello dei suoi lettori. Ed ora il Cameo.
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E’ stata una settimana divertente, almeno per me, quella trascorsa. Filtrata attraverso i miei amati interstizi, mi ha dato, come sempre, rabbia ed emozioni, tristezze e tenerezze, in realtà mi ha trasmesso tanta gioia di vivere, perché un mondo così osceno merita di essere vissuto, con audacia, giorno dopo giorno. Ne sono successe tante, ma per fortuna quasi tutte nella direzione giusta, quella che permetterà, un giorno, ai miei amati nipotini (a proposito, pagelle eccellenti, target-bonus di 50 € raggiunto) di vivere in un mondo migliore di quello attuale, purtroppo, per ora, ancora targato ceo capitalism.
Ho saputo della morte di un mito del Parco del Gran Paradiso: Corno Storto. Come tutti i grandi leader del mondo degli stambecchi, avendo compreso che per lui l’ora era arrivata, con le ultime forze raggiunge il solito ruscello, ove da giovane praticava le sue battaglie e i suoi amori, e un attimo prima di esalare l’ultimo soffio di vita, si abbandona alla corrente purificatrice, facendosi trasportare a valle.
La settimana era iniziata con i festeggiamenti delle élite europee per il ritorno a casa della Troika. Questa, carica di gloria e di onori lascia (dicono) una Grecia finalmente risanata, i barbieri (usurati) non vanno più in pensione a 50 anni, i “numeri” sono entusiasmanti: 450 riforme, tutte fatte durante la loro permanenza nell’ultimo 5 stelle L di Atene. Purtroppo c’è stato un piccolo accidente (finora tenuto accuratamente nascosto, per fortuna sfuggito alla censura): durante gli anni in cui la Troika-Premier ha gestito di fatto la Grecia (il buon Alexis Tsipras faceva solo il ragazzo spazzola della barberia), la mortalità infantile, che era il 1,3% nel 2012, ora è al 2,6% (se non fosse una fake, verificatela, sarebbe il fallimento dell’intera operazione). Povera Grecia di Ippocrate ridotta a Capo Verde.
Era proseguita peggio, con quello che il professor Marco Gervasoni chiama il “giornalista collettivo”, cioè colui che sbaglia tutte le previsioni, da Brexit e da Donald Trump in giù. Costui, avendo scoperto il wishful thinking (la profezia gradita che si avvera), pensava che, causa crisi economica, ci sarebbe stata sì una faticosa rielezione sul filo di lana, ma solo al secondo turno, con brogli vari, quindi con un forte indebolimento del Sultano Erdogan. Invece è successo l’imprevisto, il Sultano vince in scioltezza al primo turno, ed è sempre più forte. Come il suo amico Vladimir Putin, malgrado le sanzioni.
Questa Europa di Angela Merkel e di Emmanuel Macron (ormai due poveretti) è ai margini dei grandi giochi globali: Trump la snobba, Putin la sopporta, Erdogan la disprezza, Modi l’ignora, Xi Jinping la sfrutta. Isolata nel mondo che conta.
Il momento clou è però arrivato a metà settimana con il doppio schiaffo di Emmanuel Macron all’Italia: “vomitevoli” e “lebbrosi” siamo per lui. Quella sera ho festeggiato (con il prosecco): conoscendo i mie amati concittadini capii che Macron avevano toccato l’intoccabile, sarebbe scattato contro di lui, evento raro, l’orgoglio nazionale. Così è stato. Il giorno dopo ha aggiunto la ciliegina: la carezza (inaudita arroganza) a Papa Francesco. Ovvia la conclusione: se il laico per eccellenza, in forte odore di massoneria (rito franco-inglese), si arruffiana così palesemente il Papa di Roma, e si lancia a sostenere che dobbiamo trasformare la Sicilia in un grande campo di concentramento (chiuso) per i migranti economici, significava che, politicamente, costui era una canaglia, e con lui tutti quelli che lo sostenevano.
Poco dopo, la sua compagna di merende, Merkel si rifiuta di prendere parte dei migranti di una nave pirata di una Ong tedesca, con capitano tedesco: un suicidio politico d’alto bordo.
Di questa vicenda l’aspetto politico-comunicazionale più divertente lo trovi su giornali e tv di regime, soprattutto sulla Rete, su Twitter in particolare. Il silenzio dei filo Merkel & Macron diventa assordante (dura da quattro giorni!), al punto da essere imbarazzante. E’ come se i battutisti cosmopoliti che ogni giorno ci impartivano la loro lezioncina si fossero messi tutti in mutua, senza presentare il certificato di malattia.
Chiudo con una speranza. Qua a Bordighera, dove mi godo la convalescenza, le lucciole non si vedono ancora, neppure gli amati gechi che le seguono sempre a ruota, ma io sono tranquillo. Una sera o l’altra, dopo il tramonto, torneranno, e saranno i benvenuti.