Zafferano è nato e si è sviluppato con una linea editoriale chiara: muoversi nel mondo giornalistico in punta di piedi, con un linguaggio elegante, ma senza sudditanze, né verso il potere, né verso i lettori. Siamo sempre rimasti fuori dagli scontri continui fra le due fazioni in campo, prima sul Covid, poi via via sulla transizione climatica, sui temi dell’immigrazione, sulla guerra russo-ucraina, su quella israelo-palestinese, su una (possibile) Terza Guerra mondiale. E non perché non avessimo nostre valutazioni e idee, ma proprio per la loro articolazione che non si sposava con il pensiero unico ed ideologico degli uni e degli altri.
Con lo stesso spirito, questo Cameo è dedicato al Report di Mario Draghi, richiesto da Ursula von der Leyen, dopo averne delimitato il perimetro a: “Il futuro della competitività europea”. Una configurazione dell’incarico che non conteneva riferimenti sul ruolo e sulla qualità delle decisioni politiche sottese. Lui ha elaborato un Report tecnicamente impeccabile, come si conviene allo spessore del personaggio. Diligentemente, ho letto tutte le centinaia di pagine e di grafici.
Una notazione a margine. Sono pagine scritte nella lingua della “Ruling Class” della quale Draghi è uno dei massimi sacerdoti mondiali. Quella lingua che faceva dire a Franz Kafka che doveva “saltar fuori dalla fila degli assassini”, ossia trovare un linguaggio da opporre a quello degli abitanti del Castello. È ciò che ho fatto nella mia “traduzione-lettura” del documento, anche per capire il non detto.
Mario Draghi ha presentato il Report anticipandone la sintesi: ”L’Europa è destinata a una lenta agonia se non rilancia la propria produttività e la propria capacità di innovazione per competere con Stati Uniti e Cina”. Come ex banchiere, convinto del potere salvifico del denaro, ha previsto un investimento di circa 800 miliardi € all’anno (sic!, quasi il 5% del PIL) almeno per un quinquennio, così ripartiti: 450 per la transizione energetica, 150 per le tecnologie digitali, 100-150 per produttività e innovazione, 50 per difesa e sicurezza. Ovviamente con un unico bilancio federale, non frammentato in 27 parti.
Le assumption draghiane sono state rafforzate dall’aver, con sincerità, riconosciuto come l’Europa in questi anni abbia perso il 30% (sic!) della propria forza economica rispetto agli Stati Uniti. È un Draghi diverso da quello della famosa letterina a Silvio Berlusconi del 2011. Finito di leggere il Report, tre domande vengono però spontanee a un cittadino comune e aideologico come me: 1. Ora sappiamo chi sono i responsabili di questo disastro (non annunciato), abbiamo i nomi di quelli da sempre al potere, come leader e come partiti, che sono poi gli stessi di oggi. Però, lo sono di diritto, perché le ultime elezioni hanno confermato la maggioranza precedente (popolari, socialisti, liberali, verdi) seppur con molti meno voti. Malgrado tutto, autocritiche dei singoli e dei partiti dominanti non ce ne sono state, quindi la solita maggioranza ha rinominato Ursula von der Leyen; 2. I 4.000 miliardi € in cinque anni chi li paga? 3. È un documento teologico-monetario che risponde a una domanda tecnica o ha l’ambizione di entrare nelle nostre vite, seppur in modo strisciante?
Gli Stati cosiddetti frugali (Germania, Olanda, etc.) in prima battuta lo hanno già respinto: “Programma neppure ipotizzabile, il rispetto dei vincoli di bilancio è un aspetto rigido del sistema”. Ci ricordano pure che l’incarico Draghi lo ha avuto dalla Commissione e non dal Consiglio degli Stati, gli unici titolati a modificare l’assetto istituzionale dell’Europa attuale.
E ora che succederà? I singoli Stati implementeranno la dottrina Draghi?
Se sì, prevedo una rivoluzione culturale, con profondi mutamenti di linea politica nelle singole famiglie europee, stravolgimenti nelle alleanze nazionali e internazionali, approcci diversi verso i grandi temi politici ed economici, sulle guerre, sulla cultura, sullo stile di vita.
Se no, il Report rimarrà un ballon d’essai destinato alla polvere del debordante cassetto europeo dove sono custoditi sogni e incubi.
Chissà se noi cittadini comuni saremo chiamati a esprimerci, visto che si tratta del nostro futuro?