IL COLLO DI BOTTIGLIA CHE PUO’ CAMBIARCI LA VITA

Giuseppe Conte (versione Conte Bis) ce l’ha fatta: ha finalmente parlato a reti unificate.

Una premessa, sono sempre stato un cittadino esemplare, quindi anche questa volta mi atterrò rigorosamente a quanto detto dal Presidente del Consiglio, supportato per gli aspetti sanitari dagli scienziati. Oltretutto Conte è stato “bollinato” due volte, dal Parlamento e dal Presidente della Repubblica. Per disciplina civile mi atterrò alle sue direttive, pur non condividendo nulla delle sue politiche in entrambi i Governi da lui presieduti.

C’è una frase della sezione “Diario” dell’immensa opera di Søren Kierkegaard che si adatta a questo periodo come una tuta a un sub: “State attenti: la nave ormai è in mano al cuoco di bordo. E ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo a pranzo”.

Ripeto, non discuto i contenuti delle ricette e le attuerò, così come farà la mia famiglia. In questi casi però la partita si gioca sulla capacità di gestire il processo manageriale decisione-ordine-execution. È un processo molto complicato da gestire, richiede uno spessore manageriale molto elevato, comporta centinaia di micro decisioni (ne sbagli una e devi tornare alla casella di partenza), comunque fingiamo che questi (nel Conte 1 i “competenti” li chiamavano “scappati da casa”, ora tacciono immagino per carità di patria) siano in grado di implementare i relativi micro processi.

E fingiamo pure che costoro abbiano un Piano B, qualora si accorgano che l’attuale non funzioni. Ma c’è una variante dello scenario, c’è un worst case. Leggete i “numeri” di Luca Ricolfi pubblicata su Italia Oggi e vi vengono i brividi. Poi c’è un’ipotesi (estrema) dei tecnici ministeriali sostanzialmente simile pubblicata dal Tempo. Il COVID 19 ha un drammatico vincolo che impatta con uno dei più strategici colli di bottiglia di un ospedale: i posti letto in terapia intensiva e sub intensiva.

Questi letti sono configurati per le attuali patologie: COVID 19 è aggiuntivo. Se i numeri cambiassero si aprirebbe un problema immenso: chi salviamo e chi abbandoniamo al loro destino? (copyright di Mike Bloomberg). Il quesito se l’è posto per primo Franco Bechis sul Tempo. Mi associo. Nei Paesi dove vige la sanità privata il dilemma lo decide il budget dei singoli pazienti. Nella sanità nazicomunista cinese lo decide il Partito. E da noi?

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