So perfettamente di essere nessuno nel panorama politico italiano, di più, so di non rappresentare nessuno, di più, sono pure vecchio, e ai tempi di COVID 19 non è una gran bella cosa, di più, so che ciò che sto per scrivere sarà probabilmente ridicolizzato dall’establishment. Ma non posso non dirlo. Lo devo ai miei genitori e nonni, tutti operai Fiat, antifascisti prima, poi anticomunisti e antiazionisti, che hanno lottato per la Repubblica. Lo devo alla mia dignità di padre, di nonno, di cittadino, di cattolico, di uomo. Per dirlo intendo avvalermi dell’unico privilegio che mi sono costruito in una dozzina d’anni, il Cameo, un pezzo giornalistico solitario, che esce per i soli abbonati (ma abbonarsi è gratis) di Zafferano.news, e che alcuni giornali cartacei e digitali a volte riprendono. Uno strumento che può permettersi, essendo niccianamente al di là del bene e del male, di dire sempre e solo quella che considera la verità.
È mesi che giro intorno a questo problema, essere un liberale nature (aggiungo nature poiché ormai si dicono tutti liberali, senza esserlo compiutamente), devoto al voto popolare (sono per il sistema elettorale svizzero rafforzato da referendum popolari), mi ha sempre trattenuto. Ma ciò che è successo l’altra notte, una surreale conferenza stampa a reti unificate, alle 3 del mattino, su un tema vitale per il Paese, e le successive ignobili accuse fatte alla stampa, mi hanno convinto.
Ho scritto subito una “Lettera aperta” al Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, poi l’ho buttata. Mi sono detto: “cala trinchetto”. Dovevo sputare il rospo, senza intermediazione alcuna. Dovevo, pur sapendo che non vale nulla, per dignità giornalistica e umana, prendere una posizione definitiva, con una locuzione secca. La scrivo in grassetto e la metto fra virgolette: “Come cittadino comune mi rifiuto di essere ostaggio di un Partito in via di dissoluzione, che ha scelto e supporta un Premier dimostratosi sul campo politicamente inetto”.