Caro Presidente Renzi, colgo l’occasione degli auguri di Buon Natale, per informarla che ho abbandonato l’idea di scrivere un saggio sui suoi 34 mesi trascorsi nelle “stanze dei bottoni”, il luogo ove, attraverso voi politici eletti (non è il suo caso) esercitiamo il potere per raggiungere i nostri obiettivi. Come avrà scoperto, non è così, il problema di un leader, nella vita, nella politica, nel business, non è solo decidere e dare ordini (un prerequisito), ma che questi rimangano intatti via via che percorrono l’intera catena di comando, sopra tutto si trasformino in risultati. Senza risultati abbiamo fallito.
Come noto, la traiettoria dei leader consta di tre momenti: la faticosa salita sull’albero, la feroce difesa per rimanerci, la rovinosa caduta. Il più affascinante è il terzo. Glielo dico con cognizione di causa: al culmine del successo fui licenziato per “eccesso di successo”. Fu bello, mi creda, cambiare vita.
Come studioso, trovo questa fase della sua vita affascinante, anche per la sua giovane età. In questi 34 mesi ho scoperto che lei ha eccezionali doti decisionali e non comuni abilità tattiche, è molto bravo nello spariglio strategico (una competenza rara). Invece, la trovo debole, perdoni la franchezza, sia nella comunicazione, sia nella gestione della dimensione tempo, proprio nei suoi risvolti strategici. La strategia più corretta può trasformarsi in un insuccesso se si sbagliano le cadenze temporali della sua implementazione. Ci rifletta.
La sua modalità di comunicazione si è via via fatta ossessiva, io che la devo ascoltare per professione, spesso esco distrutto dai suoi discorsi. I suoi interventi in modalità “mute” evidenziano una forte dissociazione fra i nostri due linguaggi, quello verbale e quello del corpo. La famosa frase “se perdo lascerò non solo la carica, ma la politica” (la perseguiterà per sempre), letta attraverso il linguaggio del corpo, evidenziava già allora l’insincerità. Così la sua (presunta) autocritica: “..ho straperso”, come meta comunicazione equivale al vecchio “Siamo arrivati primi, ma non abbiamo vinto”.
Qualora decida di rimanere in politica, il quadro strategico che lei ha di fronte è affascinante: deve costruire un puzzle decisionale estremamente complesso. Le variabili sono infinite, lei l’ha fatta semplice: Mattarellum-elezioni-vittoria-Taormina. Non è così, configurazione e tempistiche possono saltare a ogni stormir di fronda, ogni evento, anche quello all’apparenza più lontano, può aprirsi a scenari imprevisti. La variabile più strategica per lei sarà la posizione dell’establishment, il suo azionista. La considereranno ancora un candidato sul quale puntare? Il disegno del Partito della Nazione, nell’idea dell’establishment, era chiaro, spostare il baricentro del Pd verso destra (nei contenuti), liberarsi dei vecchi elefanti della sinistra (sarebbero andati a morire ai margini della savana), ma trattenere i voti delle classi medie e povere legati alla sinistra storica, da aggiungersi a quelli delle oasi del lusso. Il giochino ha funzionato fin troppo bene nelle oasi, nelle periferie hanno scoperto il trucco; ora le crederanno ancora?
Così il suo dilemma è diventato: tornare subito in campo o decidere di saltare un giro? Due decisioni entrambe ad alto rischio. Mi permetto di illustrarle, per quel che vale (forse nulla), la mia teoria su come si sta riconfigurando il corpo elettorale. Le tre forze politiche (Pd, Centrodestra, M5s) si dividono il 50% dei voti di tipo ideologico. Però, il rimanente 50% di taglio a-ideologico, incombe: quando l’elezione assume un carattere altamente divisivo (lei ha scelto come cifra di essere divisivo), questi entrano in gioco. Che fanno? Vanno semplicemente alle urne, i francesi li chiamano “elettori castoro”. Essendo a-ideologici, si concentrano su un unico partito. Ultimamente (vedi Brexit, Trump, referendum italico) gli “elettori castoro” hanno alzato le loro dighe contro quei candidati riconducibili all’establishment. Se vuole vincere, non si identifichi mai con l’establishment, questi per lungo tempo godranno di pessima fama.
Lungi da me volerle dare un consiglio, le racconto come mi comportavo io di fronte a problemi che mi apparivano insolubili: elaboravo le opzioni, ascoltavo solo mia moglie, i miei figli, le mie nuore, poi ne sceglievo una. Auguri cari di un felice Natale.
Riccardo Ruggeri