Nel Cameo pre-elezioni avevo così sintetizzato il mio punto di vista: “L’aspetto curioso è che se vince Kamala Harris metà degli americani esultano, essendosi liberati per sempre del “losco” Donald Trump, mentre se vince The Donald metà degli americani esultano, essendosi liberati degli altrettanti “loschi” clan dei Clinton, degli Obama, del wokismo imperante (se volete capire il pericolo che rappresentano costoro leggete i libri di Federico Rampini e di Luca Ricolfi!)”.
La speranza alla quale mi aggrappavo era che la guerra civile, nella quale gli americani erano precipitati, continuasse a rimanere fredda, ricuperando la convivenza fra le classi sociali, e ciò era possibile solo facendo tornare centrale la manifattura americana, ridando così dignità ai lavoratori che nell’Otto-Novecento hanno fatto dell’America un Impero.
In realtà, ben più della metà degli americani ha votato per Donald Trump, con un differenziale tale che Kamala Harris, e la sua corte californiana, ci hanno messo un giorno (sic!) a riconoscere la disfatta. Curiosamente, l’aspetto più incredibile è che Trump ha vinto con i voti di tutte le minoranze che, secondo i “laureati”, avrebbero dovuto affossarlo!
E l’aspetto per me straordinario è che l’America che ho amato, nella quale ho lavorato e vissuto, quella del Midwest allargato alle varie “cinture”, quella dei contadini e degli operai, ha prevalso, finalmente, su quella degli “adolescenti” viziati delle coste e delle Università coperte di edera. Quelli che li avevano già liquidati come deplorables.
Di più, il Trump 2.0 è riuscito a cooptare nel suo staff uno come Elon Musk, personaggio ricco di tutto, anche di ombre, “lanciato” da Barack Obama con sontuose commesse pubbliche. Costui oggi rappresenta il vero “Deep State” americano del XXI secolo. Il Pentagono, la CIA, l’FBI, il dominante “apparato militar-industriale”, che piaccia o meno, sono debitori dell’infrastruttura (oltre seimila satelliti) dell’infosfera di Elon Musk. E se la Nasa vuole portare l’America nello spazio lo farà solo con i vettori di Musk, talmente sofisticati che rientrano intatti alla base come fossero taxi a guida autonoma.
Nel frattempo, l’Occidente si era inguaiato in due guerre sanguinose (ucraini vs russi di qua, israeliani vs palestinesi di là) fra nemici mortali che si odiano in modo totale. Riuscirà Trump a “chiuderle” come ha promesso in campagna elettorale? Per noi europei la priorità assoluta è proprio la fine della guerra in Ucraina e la fine di quella in Palestina, anche per le implicazione sui commerci marittimi, non gli eventuali dazi americani che possono essere negoziati.
Sono andato a rileggermi in rete la (mitica) lettera che il 30 luglio del 1932 Albert Einstein inviò a Sigmund Freud con la domanda che il più grande scienziato vivente pose al più grande scienziato della psiche: “C’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?” La lettera di risposta di Sigmund Freud, di altissimo profilo etico culturale, si concludeva mestamente con un “chiedo scusa se le mie osservazioni l’hanno delusa”.
Invito i lettori a leggere (riflettendo) questo breve denso carteggio, perché il problema dei problemi del XXI secolo continua a rimanere proprio quello sollevato cent’anni fa da Einstein: eliminare la Guerra. Sono conscio che molti lettori ironizzeranno di certo su questa mia fissazione. Eppure, fino a quando la “guerra” sarà al centro della vita sociale dell’umanità non saremo mai una civiltà, saremo sempre un mondo spaccato in due, al di qua il patriziato, al di là la plebe, che la guerra deve farla fisicamente e subirne le conseguenze maggiori. Lo dico in termini di business e di management, a gioco lungo non fare la guerra conviene, sia al patriziato che alla plebe, sia agli occidentali che agli orientali! La guerra è un costo secco, senza ritorni, peggio, crea insicurezza fisica e psicologica. E da duemila anni mai ha risolto un problema, anzi, ne ha sempre creati.
Per esempio, trovo incredibile blaterare sulla transizione climatica senza eliminare, in termini prioritari e radicali, sia l’industria degli armamenti sia l’uso dei loro prodotti. Vogliamo o no prendere atto di cosa significhino le mostruose emissioni degli infiniti arsenali militari delle due guerre in corso e della quarantina di altre di cui non vogliamo sapere? Se si vuole salvare, come è giusto, il pianeta dalle emissioni pestifere perché l’ineffabile baronessa tedesca, dopo aver distrutto, con mosse auto lesioniste, l’industria europea dell’auto, si accinge a fare l’opposto, cioè investire pesantemente nell’industria europea degli armamenti, sapendo che in termini di emissioni è la più inquinante in assoluto?
Piuttosto chiediamoci: i tempi attuali sono maturi per diventare finalmente civili, quindi tentare qualcosa di innovativo per opporsi alla “fatalità” del vivere che pratichiamo da diecimila anni, con al centro di tutto le armi e le guerre, di cui parlava Albert Einstein? Solo vivendo lo scopriremo.
Prosit!