Ho passato 4 ore con la Direzione del PD, abbandonato sul divano, una granita alla menta sul tavolino. Mi sono divertito, più invecchio più amo osservare i potenti parlare, non per quello che dicono (lo so a memoria), ma per come lo dicono, soprattutto per il loro linguaggio del corpo (uso spesso il tasto mute). Ha ragione Renzi solo loro del PD fanno ancora questi incontri, certo parlano di politica, ma non riescono più a fare dibattiti, il format che si sono dati è come il Festival di Sanremo, ciascuno arriva sul palco, si inchina, canta la sua canzone, si inchina più profondamente di prima, se ne va. Hanno il terrore di rimanere troppo sul palco. Fuori incontrano i giornalisti, parlano, parlano, ma nulla di ciò che dicono riesce ad avere la dignità di una notizia. Mi metto nei panni dei notisti politici, professionalmente un’umiliazione. Meglio il vaticanista.
I pentastellati, i leghisti non hanno neppure questo coraggio, non parliamo dei berluscones, non l’avrebbero neppure quelli del PD, sia maggioranza che minoranza, ma Lui lo vuole, e così sia.
Renzi ama questi momenti rituali, immagino per essere irrituale. E’ come quei re del ‘600 che anziché stare a corte a farsi raccontare bugie dal loro entourage, si travestivano da straccioni, passavano le notti nelle taverne per ascoltare ciò che diceva la plebe del loro Sire, cioè lui. Una modalità a metà strada fra lo sbirro mascherato e il sociologo ante litteram.
E’ una sfida continua la sua, ma non si capisce perché voglia umiliarli in pubblico, la Direzione è composta di oltre 100 membri, almeno l’80% stanno con lui, la minoranza vera, pugnace (si fa per dire), consuntiva al massimo una dozzina di adepti (sono sempre tristi), in tre anni all’opposizione si sono ridotti a un mix di vecchi bolliti e di giovani brasati.
Purtroppo, le riprese tv erano scadenti (ci sarebbe voluto un grande registra concentrato sui primi piani), curiosamente nessuno, salvo Cuperlo, si presentava con la faccia pulita dell’avversario, solo amici adoranti (pochi), amici finti (molti), nemici trasudanti odio (pochi), che cercavano di mistificare ciò che provavano. Insomma un circolo Pickwick alla romana, dove le tensioni reciproche erano palesi più fra di loro che verso di Lui. Tutti, amici e nemici, nei passaggi cruciali dei loro discorsi si voltavano verso destra, dove nell’ombra doveva esserci Lui (la cinepresa non lo riprendeva mai, carenze tecniche o strategia comunicativa?), quelli della maggioranza si limitavano a un sorriso tirato, quelli della minoranza lanciavano un leggero strale verbale, per loro un atto di grande coraggio, per noi spettatori una scorreggina da infante.
Come succede in tutte le direzioni del PD, a parte Renzi, solo due personaggi emergono in termini comunicativi (sulla politica politicante non mi esprimo, non è il mio mestiere): De Luca e Cuperlo. Questa volta De Luca ha toppato, “bambolina imbambolata” riferita a Raggi è stato un momento imbarazzante, lo consiglio di farsi scrivere i discorsi dagli autori di Crozza, sono molto più scoppiettanti di lui. Cuperlo, invece, è stato impeccabile “hai invitato Grillo a uscire dal blog, lui è uscito, ora esci tu dal talent”. E’ una battuta perfetta, perché dalla struttura e dalla musicalità rare, è come una sentenza di cassazione, irrevocabile e inappellabile. Guai rispondere, Grillo non l’aveva fatto, Renzi l’ha fatto, ha sbagliato. Come dicevamo noi in officina, in questi casi, “prendi e porta a casa” (tradotto dal piemontese).
Ma Renzi politicamente non deve preoccuparsi, Cuperlo non è un leader politico, è semplicemente un uomo molto intelligente e molto perbene che fa un mestiere al quale non è portato.
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