Il Financial Times fra “fanatici” di Uber e “catastrofisti” anti si pone al centro

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Il Financial Times ha fatto un’inversione a “U” inventandosi una posizione mediana fra i “fanatici del sol dell’avvenire digitale” (dove ci sono tutti gli establishment occidentali, intellò, politici d’accatto, e media in testa, e fino a ieri pure lui, proni verso le felpe californiane) e i “catastrofisti anti jobless society e gig economy” (l’italiano “lavoretti” coglie meglio l’essenza del finto-non lavoro). L’appello del Ft gronda buon senso, invita a lasciar perdere la futurologia, analizzare i lavori a rischio, valorizzare le professioni più richieste, in soldoni passare dai lavoretti ai lavori di qualità, gli unici che danno dignità all’uomo (parole sante). Come non apprezzare l’invito? L’ha fatto pure Bergoglio, liquidando d’un colpo Zuckerberg e Grillo (più li osservo, più si rassomigliano): “All’uomo serve un lavoro, non un sussidio”.
Come “catastrofista” storico colgo volentieri l’invito, anche se ho dei dubbi che i “fanatici” facciano altrettanto. Il business “gig” delle piattaforme, per come è concepito il suo modello, vale oggi 28 miliardi € (ma lor signori sognano che esploda verso l’alto), già utilizza centinaia di migliaia di “schiavi” mascherati da lavoratori, destinati a diventare zombie. Per poter dibattere e trovare una soluzione bisogna però prima accordarsi su alcune “parole chiave”.
Si accetta la definizione basica che dalla sua fondazione connota l’Organizzazione internazionale del lavoro: “Il lavoro non è una merce”? Con l’ovvio aggiornamento: “Il lavoro non è una tecnologia”? Siamo d’accordo che il quadro di riferimento sia quello licenziato dal Parlamento europeo che vuole ribilanciare l’innovazione con i diritti dei lavoratori e la parità di condizioni tra iniziative imprenditoriali diverse? Ormai lo dicono persino i report dei consulenti più qualificati, il vantaggio competitivo di questi finti innovatori si basa nella quasi totalità sul mancato rispetto delle regole e nel non pagamento delle tasse. A questo, alcuni di noi c’erano arrivati anni fa esaminando, banalmente, il conto economico e lo stato patrimoniale dei driver di UberPop. Basta studiare i nuovi “lavori molecolari” (mi piace questa definizione da regno animale, lavoratori come i cani molecolari alla disperata ricerca dell’odore di un lavoro vero): i corrieri di Foodora, i freelance su Upwork, i collaboratori di Helpling, e tutti quelli legati alle app di Silicon Valley. Ormai è chiaro: tali business stanno in piedi solo grazie alle azioni di lobbying (nella mia esperienza è quasi sempre corruzione, non necessariamente come trasferimento di denaro), grazie ai finanziamenti degli Stati lungo l’intera catena dalla ricerca di base, allo sviluppo prodotti, all’impresa; grazie agli investimenti dei fondi che scommettono sull’aumento del valore di borsa (leggi: riuscirà a diventare monopolista?).
Come noto, per valutare un’azienda digital based occorre valutare come, al crescere delle dimensioni dell’attività, di quanto si riduca il grado di complessità, in altri termini come il business possa crescere a tassi più elevati dell’impiego di nuove risorse. Da qualsiasi ottica li si studi questi modelli devono riuscire a sopravvivere alla fase di risacca conseguente all’iniziale finanziamento dei venture capital. Crunchbase ha pubblicato un’analisi su quanti capitali di rischio si siano “mangiate” finora questo tipo di start up americane per aree di business: 16,5 miliardi $ “trasporti & logistica”, 4,7 “turismo & viaggi”, 3 “consegne a domicilio”. La nuova tendenza è che i quattrini ci siano nella fase di avvio ma via via i borselli si chiudano.
Non avendo io altro interesse che il divertissement intellettuale rimango sul bordo del fiume ad attendere il verificarsi della recente profezia di David Cohn leader dell’incubatore Alpha Group “Se c’è una bolla, Uber esploderebbe per prima e inizierebbe la valanga”. Sarebbe l’ovvia vittoria del mercato sulla vecchia come il cucco furbata di agire sui prezzi, finanziando le perdite con i capitali raccolti per buttare fuori i concorrenti, diventare monopolisti, ergo riaumentare i prezzi e vivere felici e contenti da cuscute. Una generazione di miserabili.
www.riccardoruggeri.eu

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