Come cattolico (dal peso ovviamente insignificante) ho assistito, lo confesso, fanciullescamente divertito al fiume di parole dei colleghi, prima e dopo l’elezione del Papa.
Nei miei novant’anni da cattolico, nato sotto il Papato di Pio XI, si sono succeduti Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco, Leone XIV.
I colleghi delle varie testate si erano, al solito, divisi a seconda della linea editoriale dei loro editori, in forte maggioranza di matrice furbo-progressista, alcuni addirittura woke, puntando, come fossero all’ippodromo, sui tre “cavalli italiani”. Questi ben rappresentavano quello che per loro era il valore massimo della successione papale: la cosiddetta “continuità” con Papa Francesco.
Purtroppo per loro, non conoscendo le regole (non scritte) della Chiesa, il nuovo Papa sarebbe stato il successore di Pietro, non certo di Francesco. La Chiesa ha un respiro millenario, rifiuta, per definizione, lo spirito markettaro della fretta e della superficialità di quest’epoca.
Per quel che vale (nulla) posso assicurare i colleghi che ogni Papa è, per definizione, “in continuità” con il predecessore.
Come ovvio, continuità nella fede, nel Vangelo, in Cristo, non certo sulla politica politicante salottiera, gradita o sgradita, di volta in volta, o dal Patriziato (la minoranza) o dalla Plebe (la maggioranza).
Come dice il monaco benedettino Elmar Salmann, secondo alcuni la persona vivente più intelligente ed icona della teologia sapienziale: “Un Convento saggio elegge sempre un Abate che abbia caratteristiche opposte a quelle del suo predecessore”. Ovviamente si riferisce alla sostanza, non certo alla forma, da lasciare agli sprovveduti.
Come studioso di modelli organizzativi (IDEA si ispira a quello della Chiesa dei primi secoli) non c’è dubbio che è questa una scelta ovvia per la sopravvivenza di qualsiasi organizzazione umana, compresa quella del Papato.
Il “cambiamento” deve discendere dal nuovo Papa (o nel caso delle Abbazie dal nuovo Abate) e non dalle varie Curie (per noi del privato leggasi “Staff” o “società di consulenza”, basate sul “Tabernacolo”, per usare la terminologia di IDEA, ) che altro non sono che centri di un potere organizzativo vecchio, conservatore, burocratico.
Noi dell’informazione e della comunicazione dobbiamo essere grati a Leone XIV. In meno di diecimila battute del suo discorso di insediamento ci ha spiegato chi è, e quale saranno le linee guida del suo magistero. Da questo momento, non hanno spazio chiacchiere gossipare su di lui. E’ uno dei tanti figli della Plebe colta andato al potere per meriti indiscussi, quindi impossibile tirargli la tonaca di qua o di là per ragioni di bottega. Ci darà le dritte per “cavalcare” il futuro, rappresentato da IA e dai suoi due figli, l’intellettuale algoritmo e il plebeo robot.
Mi sono appuntato tre frasi che, come si faceva un tempo custodirò nel portafoglio, pardon nello smartphone, per tenerle sempre a mente:
1“Se si riduce Gesù a leader carismatico o superuomo, non solo fra i credenti, si finisce per vivere in un ateismo di fatto”.
2 “Ci sono contesti in cui la fede è ritenuta una cosa per persone deboli e poco intelligenti, in cui si preferiscono altre sicurezze, come tecnologia, denaro, successo, potere, piacere”.
3 … c’è un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché lui sia conosciuto e glorificato, spendendosi fino in fondo, perché a nessuno manchi di conoscerlo e di amarlo.”
Ora, noi della stampa, laici o cattolici poco importa, può piacerci o meno, ma sappiamo esattamente chi è Leone XIV. Nel successivo incontro con la grande Stampa ha declinato il suo pensiero verso il nostro ruolo, invitandoci a una riflessione non banale in termini di execution: “Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare il mondo”. E lo ha dimostrato con un “linguaggio netto ma prudente”, esattamente l’opposto di quello in uso in politica e sui media, spesso imprudente, e sempre ambiguo. È uno che non vende fuffa!
Personalmente sono molto ottimista per il futuro. Con Leone XIV è iniziato un processo di sostituzione delle imbarazzanti leadership mondiali. Nei prossimi cinque anni i popoli del mondo procederanno alla sostituzione, con varie modalità, di tutte le attuali, stanche e fruste leadership d’Occidente e d’Oriente. Ogni sostituzione dovremo viverla in positivo, come un segno divino dell’eliminazione di un’inutile cuscuta.
Prosit!