Un’incognita nel Si di Obama: e se portasse sfiga?

Interessante leggere, secondo la tecnica dei “segnali deboli” (attività che pratico da tempo per studiare le leadership), il pranzo alla Casa Bianca di Matteo Renzi. La storia ci insegna che l’ultimo semestre della presidenza americana è utilizzato dal Presidente, ridotto ormai a poco più di un eunuco politico, seppur ancora in divisa (spiegazzata) di Commander in Chief , per fare tre cose: 1) Vendicarsi dei suoi nemici, purtroppo per lui, solo a parole, non avendo più poteri. Obama per otto anni ha mascherato un odio mortale verso Putin, in politica estera lo zar lo ha sempre battuto. Il suo atteggiamento è stato psicologicamente comprensibile, conseguenze della sindrome pecora versus lupo alfa; 2) Pagare debiti morali agli alleati-sudditi che hanno avuto meno del dovuto per il servizio svolto a favore dell’America. E’ il nostro caso: una cena di gala, dosi massicce di retorica, pacche sulle spalle, ed è fatta. Obama doveva farsi perdonare l’idiota abbattimento di Gheddafi. Con questa mossa sciagurata cii ha scoperti sul nostro lato B, siamo diventati barellieri navali, abbiamo subito una presenza massiccia di migranti sul nostro territorio, e relative tensioni popolari, sottraendoci, in corso d’opera, molti punti di Pil. Dopo che Francia e Austria hanno blindato le frontiere, siamo diventati secondini di migranti-prigionieri; è curioso questi vogliono andarsene, non possono; 3) Le ultime ore di presidenza vengono invece utilizzate per dare il perdono (presidenziale appunto) a dei farabutti, amici del partito o personali. Ricordiamo tutti le sconcezze di Bill Clinton nelle ultime ore del secondo mandato.
In questo viaggio a Washington di Renzi è stato tutto tecnicamente perfetto. Obama voleva: 1 Presentare a The Hillary, un amico vero dei democrat in Europa (l’ultimo?), dopo la perdita degli inglesi causa Brexit. 2 Supportare l’unico premier europeo che ha accettato di giocare un ruolo identico a quello di Erdogan (canale balcanico), nell’ultimo canale ancora aperto (il libico-italico), in cambio di molti quattrini europei (Erdogan intasca quattrini veri, noi no, ci pagano con una curiosa moneta, detta “flessibilità”, cioè un’autorizzazione a fare debiti, però a nostro carico). 3 Far sì che l’Italia si accodi (serenamente) a Grecia, Spagna, Portogallo, quattro paesi legati all’America, da utilizzare dal futuro Presidente per piegare i tedeschi ai loro interessi geo-politico-economici, in primis al Ttip. L’obiettivo di Renzi invece era solo uno, un endorsement forte per rimanere a ogni costo premier, punto. Quindi far vincere il Si, e di contro rendere il No un’anatra zoppa. Lo scambio fra i due è stato soddisfacente per entrambi. Barack Obama gli ha messo a disposizione per sei ore una prestigiosa location tutta bianca (compreso catering e verdurine dell’orto di Michelle), Renzi è stato bravissimo, ha scelto con sapienza gli 8-invitati-8: un magistrato fattosi semidio, una sindaca-santa, due facoltosi guitti di alto profilo, una scienziata, un brand della moda, una campionessa paraolimpica, la curatrice del MoMa. Un pacchetto di mischia fantastico, celebri e tutti schierati antropologicamente per il Si. Come residente all’estero, soggiogato dal fascino dell’unica ministra che si è occupata di noi, mi sono convinto, a pelle, che il 4 dicembre potrebbe vincere il Sì. Infatti, delle tre tipologie di elettorato, quello “partitico” è in maggioranza per il No, quello “politico” per il Si, (così i residenti all’estero). Essendo equivalenti, i due elettorati si elideranno, e la partita si giocherà con l’elettorato “impolitico” (è quello che conosco meglio, essendo il mio). In teoria qua si annidano in maggioranza i No più feroci, ma l’eccesso di disgusto di costoro verso Renzi è tale che li potrebbe tenere lontani dal seggio (facendo così il suo gioco), mentre la minoranza schierata sul Si andrà a votare. Spostando la bilancia a favore del Si? Secondo questa mia teoria, tutta da dimostrare, i presupposti per una vittoria del Si ci potrebbero essere, un solo dubbio, non banale, E se Jim Messina e Barack Obama (vedi Brexit), a loro insaputa, portassero sfiga?

Riccardo Ruggeri

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